di Eno Santecchia
Prosegue la micro inchiesta dedicata a chi difende la nostra salute e stavolta ascoltiamo un medico della Continuità Assistenziale.
Il ruolo del medico di C.A.?
“Spesso le direttive delle ASL limitano molto le possibilità operative della C.A. I medici della C.A. non possono prescrivere farmaci di professionisti privati, esami di laboratori, gli accertamenti clinici possono essere prescritti solo su chiamata d’urgenza. Il paziente cerca di ottenere quello che vuole, ma non sempre ciò è legale”.
Che cosa comporterà la riforma Balduzzi per i medici della C.A.?
“Innanzitutto ancora non è chiaro il ruolo dei medici della C.A. in seno alla nuova riforma, ove è stabilito che ci sarà il “ruolo unico” dei medici, dove i medici di base e quelli di guardia medica sarebbero più integrati, ma ritengo che ciò sia poco attuabile. Hanno previsto che noi dovremo lavorare per 38 ore settimanali (anche di giorno) ma in che veste e in che modo è ancora tutto da vedere. Per una buona riuscita della riforma occorrono molti fondi per l’informatizzazione e la messa in rete delle cartelle cliniche, ora gestite dai medici di base. Ognuno usa un programma software diverso per la gestione dei suoi pazienti, ciò crea una grossa difficoltà nel mettere in rete e condividere i dati, inoltre ancora non esiste una rete dedicata. Senza un’idonea rete a questo servizio il medico di C.A. si ritrova spesso un paziente del quale non conosce la storia clinica e quindi trova difficoltà a prescrivere farmaci idonei che non vadano in contrasto con le prescrizioni del medico di base”.
L’informatizzazione?
“L’informatizzazione dei medici di base è ancora quasi alla fase pre Internet: la rete è usata solo per spedire i certificati di malattia all’Inps. Trasferire i dati raccolti nei database dei medici di famiglia in un unico archivio e metterlo in rete per condividerlo non è un’operazione semplice né attuabile in tempo brevissimo e senza spese.”
I piccoli paesi?
“Nelle zone fuori dai grossi centri esiste una realtà completamente diversa, dove sarà ben difficile creare dei poliambulatori dove ricevere tutti i pazienti, molti anziani sono senza propri mezzi per spostarsi, ciò creerebbe tanto disagio a tutti gli strati sociali”.
Una sua idea al riguardo?
“La mia idea è di creare nella sede della C.A. un poliambulatorio aperto a tutti dove ci siano degli apparecchi medicali per le analisi e le diagnosi (elettrocardiogramma, defibrillatore, autoclave, strumentazione chirurgica, ecc.), infermieri e specialisti medici. In situazioni disagiate credo sia meglio formare un punto di primo intervento, che il paziente ha come riferimento, senza che debba recarsi negli affollati Pronti Soccorsi. Interventi di piccola chirurgia come togliere punti si potrebbero eseguire in quei punti sfollando i P.S. dai codici bianchi e verdi, così ai Pronti Soccorsi degli ospedali arriverebbero solo i casi che necessitano di un’attenzione maggiore. Potremmo fungere da filtro per il Pronto Soccorso e portare più Sanità sul territorio, nello spirito della riforma.
Che cosa manca all’attuazione?
“Si vorrebbe attuare la riforma Balduzzi a costo zero, con la ribellione dei medici di base che si troverebbero a dover affrontare la spesa dei macchinari e delle strutture senza ricevere un adeguato corrispettivo. Il medico di C.A. verrebbe a ricevere in più solo le ore di lavoro diurne, eventuali interventi chirurgici, anche piccoli, non sarebbero riconosciuti. Finora non ho ben compreso in che ruolo vogliono utilizzare i 13.000 medici di C.A. In sostanza a me va bene prestare servizio anche in orari diurni, con a disposizione idonee apparecchiature per migliorare il servizio in favore del cittadino. Con la riforma, il medico di base dovrebbe perdere il rapporto di carattere univoco, il filo diretto con il suo assistito: lo vuole perdere?”.
In questo scontro tra Golia e Davide chi vincerà?
“Si sta discutendo di trasformare il LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) in LEPA (Livelli Essenziali Prioritari di Assistenza) con diminuzione delle patologie assistite, la copertura dei LEPA verrebbe fatta dalle assicurazioni. Vincerà il cittadino se sarà consapevole che l’unione fa la forza e se realmente vorrà mantenere la sanità pubblica”.
Altrimenti una grossa fetta della popolazione, quella socialmente più debole e anziana, non potrà più permettersi tutte le cure e gli interventi necessari.