Rosetta Martellini in “W l’Italia libera”

di Raffaella d’Adderio

martellini

 

Forte della sua esperienza di attrice, regista, docente di dizione e recitazione, la civitanovese Rosetta Martellini ha portato sul palco del Lauro Rossi di Macerata “W l’Italia libera” , spettacolo da lei ideato e interpretato. Una soffitta malmessa, con mobili accatastati qua e là e una lavagna che fa da cornice al tema centrale della pièce, cioè alle parole lasciate dai condannati a morte della Resistenza italiana. Le loro lettere e i loro scritti rintracciati un po’ ovunque (incisi con uno spillo sulla copertina di un libro, impressi col sangue su una pagnotta di pane, lasciati con i chiodi sui muri) sono protagonisti della scena con la Martellini e il musicista Andrea Mei. “Le lettere sbucano dappertutto, dai cassetti, dai mobili; in questa pièce è come se il narratore andasse a rispolverare tali testimonianze. E’ uno spettacolo pensato per portare una memoria” ci dice la protagonista.

 

Chiediamo alla Martellini come sia riuscita a costruire uno spettacolo in cui l’attore divide la scena con delle lettere, che parlano per conto di qualcuno che non c’è più. –“E’ stato un lavoro molto complesso perché era necessario che le lettere fossero contestualizzate nella scena. Esse risultano emotivamente fortissime perché sono intrise della coscienza di morte dei condannati, che perdevano la vita con il sorriso sulle labbra perché il dolore era alleggerito dalla motivazione di lasciare uno scritto ai propri cari”.

 

Qual’ è la parola o la frase emblematica di tutto lo spettacolo?-“La parola è ultimo-dice la Martellini- Il tempo per i condannati è finito, ma è anche lungo perché è l’ultimo che rimane loro da vivere. C’è la consapevolezza di poter lasciare testimonianza di un ultimo pensiero, un saluto, un abbraccio, un gesto. Esiste per tutti loro un forte rapporto con la morte, che è reale e imminente. Ma la pièce lascia un messaggio di speranza, nel senso di volerci spronare ad essere protagonisti delle nostre scelte e a non comportarci come indifferenti spettatori di ciò che accade intorno a noi”. E aggiunge: “ Il sacrificio dei ragazzi della Resistenza ci ha regalato un’ Italia libera, non sono degli eroi ma persone che si sono messe in gioco per ciò in cui credevano, per lasciare un futuro migliore ai propri figli e al proprio paese”. La Martellini spiega che le lettere ritrovate dall’Istituto Storico della Resistenza sono 700 (e la ricerca è ancora aperta), ma quelle a cui fa riferimento la sua messa in scena sono le 200 del libro pubblicato da Einaudi e nel quale si specifica che solo 4 erano scritte da donne, mentre le altre 195 da uomini. In realtà, le donne hanno dato un gran contributo durante il periodo della Resistenza: le combattenti furono 35.000. Rosetta Martellini, ad ogni cambio di scialle, interpreta qualcuna di loro.

 

martelliniLe chiediamo di descriverne alcune e di spiegarci come mai donne che hanno combattuto quanto gli uomini non siano state ricordate in egual modo – “Le donne della Resistenza erano considerate delle donne di malaffare, ma è in quel contesto che potevano sentirsi davvero libere di far valere le proprie idee alla pari degli uomini. -E continua- Io interpreto la partigiana Trottolina a cui gli uomini impedirono di sfilare durante la manifestazione del Primo Maggio. Poi Margherita, moglie di uno dei sette fratelli Cervi; lei cucinò pasta asciutta per tutto il paese il 25 luglio e, ancora oggi, questo giorno viene festeggiato. Indimenticabile è Lucia Sarzi, il personaggio a cui sono più legata perché, oltre a essere stata una partigiana, era la mamma di un mio carissimo amico. Lei anche partecipò alla lotta clandestina con i Cervi; era un’attrice e si impegnò nella lotta partigiana utilizzando il mezzo teatrale, girava tutta l’Italia con la sua compagnia”.

 

Rosetta, in quest’opera teatrale la parola è fondamentale perché è l’unica testimonianza, la più preziosa di persone gloriose che non vivono più. Lei da attrice ha dovuto esprimerla anche attraverso la gestualità.

“In verità, la ricerca teatrale parte sempre dal corpo. La priorità per un attore è stare col corpo in scena e poi c’è la parola. E’ assolutamente così anche per questo spettacolo, anche se fatto soprattutto di parole tramandateci da altri. Studiare non solo teatro ma anche danza mi ha aiutato molto. Esiste una vera e propria memoria del corpo. Il corpo non dimentica”.

 

A 2 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti