Claudio Staffolani in arte “Cagliostro”

di Lucio Del Gobbo

cagliostro

 

Il 21 dicembre 2012 è passato, e noi siamo ancora vivi e vegeti. La funesta profezia dei Maya di cui tanto si è parlato in questi mesi ha fatto flop, il mondo ha resistito e la vita segue il suo corso. Ma l’arte coglie l’occasione per far memoria anche di ciò che non è stato. “Per quelli che restano… e si danno da fare” è il titolo di una mostra che Claudio Staffolani (in arte “Cagliostro”) ha deciso di allestire all’interno della Fonderia Acciai Speciali F.A.S. di Urbisaglia. La Fonderia stessa insieme con il Comune di Urbisaglia e l’Arte Club Studio di Macerata ne sono stati gli sponsor. Dunque un artista che realizza dodici quadri, un metro per un metro, uno per mese, sul tema della fine del mondo, per confutarlo e dimostrare il contrario: che il mondo dell’arte e il mondo del lavoro sono ancora funzionanti. Eccome! Si innesca nelle tavole di Cagliostro una sorta di corto circuito che attraverso l’immagine crea intermittenze tra il noto e l’ignoto, tra la coscienza e la subcoscienza. Non è una sua scoperta, lo hanno già fatto i surrealisti e altri che del surrealismo hanno offerto versioni le più varie, ma bisogna dire che Cagliostro, da epigono,”abita” molto bene questo tipo di linguaggio e vi aggiunge originalità, lo pratica con un’attitudine e una pertinenza che stupiscono, se ne sente vocato, vi inserisce una forza espressionistica che forse attinge anche a Corneille, presenza tuttora viva nel territorio. Pochi segni-colore e forme simboliche che stimolano una fantasia potentemente visionaria; il ritorno a un primitivismo che non è del naif né dell’immaginario infantile, ma che riesuma un’arcaicità intrigante, primordiale, che viene prima di ogni lingua e cultura, che forse apparteneva già all’uomo prima che l’uomo lo sapesse. È quasi inutile spiegare queste tavole, una per una, come avrebbe fatto un cantastorie siciliano. È superfluo dire che la figura di un uccello che ne contiene un’altra più piccola al suo interno, è una immagine di fecondità, di amore e di protezione. E così il resto… L’accenno al passare di mesi e stagioni; il riferimento a un paesaggio familiare, coi resti dell’antica Urbs Salvia, che resiste oltre ogni violenza; l’industriosa volontà degli abitanti che vi fanno crescere fantasia, lavoro e produttività: sono motivi e stimoli del racconto. L’ambientazione nel seno di una fonderia, è simbolo di una solerzia che non ha cadute. Una pittura vitale e vitalistica quella di Cagliostro, che non andrebbe neppure spiegata, bastante a se stessa. Essa, con le sue forme e i suoi colori, fa dell’arte un’alchimia (non sarebbe Cagliostro!) che introduce alla scoperta di ciò che è prezioso e profondo, persino inconscio.

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