“Teatralfilosofia” un libro di Maurizio Boldrini


30 anni di carriera, 54 di vita vissuta

sempre dentro un esperimento

copertina_teatralfilosofia

 


“Nell’essere. Accordo esempi e voce al limite della conoscenza. Lo strumento della parola contiene l’errore, rimedio al difetto. Il poeta, per l’immediato, dimentichi la parola e giri pagina”. Con queste parole inizia “Teatralfilosofia” , una scrittura di Maurizio Boldrini pubblicata da Mariano e 
Giovanni Prosperi Editori (Napoli).

Giampaolo Vincenzi, professore di letteratura all’Università di Urbino, nella sua presentazione del libro avvenuta di recente al Teatro Marenco di Muccia (paese natale dell’autore) esordisce dicendo: “Teatralfilosofia” è molto più di un libro. Le idee che qui vengono espresse sono semplicemente la pratica teatrale di un attore regista intellettuale che vive da protagonista per la cultura e non per la pubblicità e per il pubblico che ha saputo fare, come facevano tutte le avanguardie storiche. Ha saputo fermarsi ad un certo punto, guardare indietro alla propria esperienza e dire che c’era bisogno di lasciare qualcosa ad allievi, nel corpo di altre persone”.

Dentro a una sessantina di pagine ci sono, combinate in miscela esplosiva, trent’anni di carriera, cinquantaquattro anni di una vita vissuta sempre dentro un esperimento. Ancora Vincenzi: “Da quando conosco Maurizio Boldrini non ho mai sentito dalle sue parole qualcosa che già fosse stato sentito da qualche altra parte. maurizio-boldriniC’è sempre qualcosa di nuovo, che nasce dall’esperienza, dalla pratica teatrale”. Tutta l’operazione di ricerca dell’autore è racchiusa nella registrazione di una voce che diventa normativa, crea leggi per eseperienza che diventa saggezza, e tali leggi vengono poi scritte in questo singolarissimo codice che è “Teatralfilosofia”.

Chi è dunque Maurizio Boldrini, quale la sua esperienza, perché un teatro possa essere tanto indicativo da diventare filosofia? In breve, Boldrini nasce a Muccia nel ’58, nella periferia della periferia, si laurea al DAMS di Bologna, dopo alcuni anni in cui lavora a Roma come ricercatore del CIDIM e contemporaneamente insegna a Bologna “Organizzazione ed economia dello spettacolo” materia sulla quale ha svolto la sua tesi di laurea, fonda e dirige la Scuola di Dizione Lettura e Recitazione del Minimo Teatro, che diventa la sua fucina operativa, in trent’anni di formazione e ricerca con gli allievi elabora innovazioni assolute per il linguaggio teatrale, combinando e raccordando le più interessanti ricerche teatrali del novecento, che diventano riferimento in prestigiosi ambiti internazionali quali l’IRCAM di Parigi, massima istituzione mondiale nel capo della ricerca fonica e musicale. Non solo, le sue ricerche sono talmente sorprendenti che trapassano l’ambito teatrale e diventano oggetto di analisi in ambiti più disparati: medico-oncologico, architettonico, antropologico, matematico. Impossibile qui solo sintetizzare tali innovazioni, si rimanda ad altri suoi due libri pubblicati da Bulzoni Editore in Roma: “La voce recitante” ed “Enciclopedia per l’attore finito”.

La Prima Scuola di Ingegneria Umanistica è l’altra perla creata da Boldrini per sperimentare, sempre con gli allievi, il vertice del vertice delle ricerche. Fatto è che “Teatralfilosofia”, in virtù della grande maestria su cui si fonda, è un piccolo-grande codice legislativo capace di far vedere il mondo con gli occhi di un teatro unico, che trova sensi sovversivi per interpretare: relazioni, immagini, morale, cure, operazioni. Antonin Artaud e Pierpaolo Pasolini morivano entrambi a 54 anni, alla stessa età Maurizio Boldrini lascia un fiore (unica immagine stampata in copertina e sul libro) in omaggio a quanti noti, sconosciuti, dimenticati hanno reso possibile una visione delle cose diversa rispetto all’insensatezza contemporanea.



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