Una vicenda… provinciale
Orbene, con la calura estiva, dopo anni di attesa, il bebè (femmina) è improvvisamente venuto alla luce. Ben tre padri putativi (un ascolano, un fermano, un maceratese) sono fuori dalla nursery: il primo è ben felice di portarselo a casa e gli altri due contestano la nascita (ratificata peraltro dall’anagrafe, sostituita in questo caso dalla Gazzetta Ufficiale) o, al limite, che vogliono chissà come ridimensionarla.
Un bebè obeso
E questo perché il bebè, femmina, è nato fortemente obeso e per di più molto squilibrato verso il basso, il che fa presagire grossi problemi di crescita e puranco di vita in un futuro quanto mai prossimo. Al primario ostetrico – pedemontano di razza tosta – tocca ora il compito di agevolare la permanenza sui bei colli piceni della sua creatura. Questo è dunque il problema principale; nel frattempo per non perdere tempo che – come diceva padre Dante – “a chi più sa più spiace”, l’ascolano, forte della primogenitura, avanza un elenco di nomi da assegnare al bebè (femmina).
Un nome… equivoco
Si va dai più ovvii: AFM (acronimo di Ascoli, Fermo, Macerata), ai più elaborati come Magno Piceno o Piceno Magno, a imitazione della Magna Grecia. Però… di questi tempi un aggettivo (Magno-Magna) che ha una qualche assonanza (anche se non parentela) con il … desco desta sospetto, specie se la tavola è ricolma, come risulta in certi casi fortunatamente lontani, di ostriche e champagne. Meglio dunque togliere l’aggettivo e limitarsi a Piceno, o meglio, dato che il bebè e femmina, a Provincia Picena. E con questo sembra di essere tornati a un secolo fa, quando agli inizi del ‘900 si aprì, fra i letterati e i politici della zona, un’accesa diatriba sul nome Marche assegnato alla regione dove felicemente ora viviamo.
Eredi dei seguaci di Pico?
Si diceva in proposito che il nome Marche era un termine barbaro indicante una terra di confine che ora – con il nuovo Regno – non esisteva più. Per non parlare delle deformazioni linguistiche (marchiano e via dicendo) molto care agli scrittori toscani del ‘400. Bisognava invece tornare al nome classico Piceno, la terra abitata dai seguaci di Pico, l’uccello sacro che aveva indicato la strada ai giovani che, staccatisi dalle loro tribù, all’inizio della primavera (il ver sacrum) erano qui arrivati alla ricerca di nuove terre, e qui si erano insediati, colonizzando e rendendo fertili le terre divenute nel tempo “benedette da Dio” (come disse Giosuè Carducci). Come tutto andrà a finire tra ricorsi e reclami non si sa. Dato però che abbiamo ricordato miti e mitologie, diciamo che il futuro risiede sulle ginocchia di Giove o – più prosaicamente – su quelle di un… pedemontano tosto.
Siriano Evangelisti