di Claudio Principi
Il melograno di Vincenzo Monti
Il pittore Vincenzo Monti, in seguito allo sbandamento dopo l’armistizio del 1943, visse da clandestino presso un amico di Corridonia fino alla liberazione. In quel periodo insegnò la pittura a quel suo amico, Mario Rapanelli, anche lui poi apprezzato artista. Un giorno fu chiesto a Vincenzo Monti perché Pollenza, la sua città natale, avesse sullo stemma un melograno, tanto che i pollentini erano chiamati li Melagranà. Il pittore rispose che il suo paese aveva scelto quel frutto perché si trattava del “re dei frutti”! “Faciàtece casu – disse – lu melagranà è ll’ùnucu fruttu che porta tando de corona, come u’ rre! E sotto adè pjnu de ruvini!” (Fateci caso, il melograno è l’unico frutto che porta tanto di corona e sotto è pieno di rubini!) In effetti il frutto, globoso, è coronato dal residuo del calice che fu del fiore e per quanto riguarda i suoi “rossi grani” disse un contadino: “Lu melagranà adè lu ‘réfece de li frutti!” (Il melograno è l’orefice dei frutti).
La pera di Ivo Pannaggi
Sul maceratese Ivo Pannaggi, architetto e scenografo futurista, popolarissimo per il suo aspetto da marcantonio e per le sue stravaganze, si raccontavano a Macerata diversi aneddoti. Eccone uno… Il sarto Francesco Governatori, per tutti Chécco, confezionò all’artista un ampio mantello di panno, indumento con il quale Pannaggi amava… panneggiarsi! Quando si trattò di ritirare il mantello, il Pannaggi si presentò dal sarto con un quadro raffigurante una mezza pera, e con quell’opera pagò la confezione. Un amico del sarto, alla vista del quadro, chiese: “Che tte pagava un prezzu troppo ardu se cce facìa anghj ll’ardra mènza pera?” (Avrebbe pagato un prezzo troppo alto se ci avesse fatto anche l’altra mezza pera?) Ridendo Chècco rispose: “E’ gghjta vène cuscì: se la facìa tutta, la pera, capàce che mme ‘ppestava!” (E’ andata bene così: se l’avesse fatta tutta, la “pera”, è possibile che mi avrebbe appestato!).