La storia di Zi’ Pié’ ovvero Francesco Pietroni

Tratto dal libro di Marcello Pedretti

“Il volo, l’aviazione, gli aviatori in Macerata e provincia”

a cura di Goffredo Giachini

 

Il generale Pedretti, per parecchi anni a capo della Saram, la scuola specialisti dell’Aeronautica con sede alle casermette di Macerata, in un corposo volume sulla storia dell’aviazione nelle Marche, racconta che nella prima metà dell’800 si era sviluppata un’attività molto apprezzata dalle folle dei nostri paesi. Un tempo, in occasione delle festività, nelle cosiddette “feste ricordate” i comitati organizzativi avevano pensato di offrire al pubblico lanci di palloni aerostatici… Orbene, agli inizi dell’800 qualcuno ebbe l’idea di arricchire questa esibizione effettuando acrobazie in aria servendosi di questi palloni, che con l’ausilio di aria calda venivano lanciati da terra. Nasceva così una particolare categoria di acrobati che si chiamarono “aeronauti”. Si ricorda, a questo proposito, un certo Antonucci di Ancona che fece parlare di sé per la sua audacia e spericolatezza. Allievo dell’Antonucci fu un maceratese doc, per l’appunto Francesco Pietroni, che divenne celebre con il soprannome di Zì’ Pié’. La stampa dell’epoca (Messaggero, Eco dei Commercianti) seguiva con attenzione le imprese del nostro Zì’ Pié’ che si esibiva nelle fiere, nei mercati, nelle feste patronali ecc. L’Eco dei Commercianti in special modo aveva preso a benvolere questo intrepido concittadino e spesso lodava “le au-daci ascensioni, assai divertenti per il pubblico che applaude vivamente i difficili esercizi al trapezio, durante il volo a considerevole altezza e nelle discese”. Il prezzo d’ingresso allo Sferisterio, per seguire le evoluzioni di Zì’ Pié’ nell’ottobre del 1888, fu di centesimi 25… Zì’ Pié’, dopo una infanzia non proprio felice come poteva essere quella di un figlio del popolo dell’epoca, si era diciamo abituato ad affrontare le altezze lavorando col padre sui tetti delle case o lungo i cornicioni di chiese e palazzi. A un certo punto conobbe una ragazza di 16/18 anni che, dopo essere stata sua allieva, ammiratrice e collaboratrice, divenne la sua fedele compagna. Costei lo seguì nelle trasferte e nelle tournée effettuate anche fuori dalla regione e da lui ebbe un figlio cui venne imposto il nome di Bruno. Per alcuni anni Zì’ Pié’ si prese un periodo di relax, si ritemprò insomma dalle fatiche di aeronauta, per ricomparire sulla scena nel 1891. Durante i festeggiamenti per il giorno ferragosto di quell’anno, mentre si esibiva sulla spiaggia di Porto Civitanova, Zì’ Pié’ precipitò in mare con il suo aerostato. Pare che nessuno prestasse soccorso al povero giovane e il cadavere agganciato al pallone fu avvistato molte ore dopo l’incidente da un ragazzo di Fontespina. Così moriva Zì’ Pié’ all’età di 27 anni e mai si conobbe la ragione della sua caduta. La ragazza che aveva convissuto con lui e che aveva imparato i segreti del mestiere, dopo un breve periodo di smarrimento, cercando di trovare un modo di affrontare la vita con un figlio a carico, trovandosi a dover pagare tra l’altro alcuni debiti lasciati da Francesco (pensate, 10 lire dell’epoca da dover rifondere alla Società dello Sferisterio!) pensò di continuare nell’attività di aeronauta appresa dal marito. Il debito le fu rimesso grazie al diretto interessamento del Presidente della Società dello Sferisterio avvocato Alfonso Lazzarini, acquistò un nuovo pallone aerostatico e divenne essa stessa acrobata con vari nomi d’arte. Si faceva chiamare, a seconda delle piazze in cui si esibiva fuori dalla Marche, dalla Romagna fino anche alla Sicilia e persino all’estero, con gli pseudonimi di Miss Mary Paiatron, Mery Peitron ecc. Maria si trasferì poi in Sicilia, dove finalmente, all’età di 50 anni, poté trovare pace, sposando un benestante del luogo. Questa è la storia di Francesco Pietroni, detto Zì’ Pié’ sulla morte del quale si scrissero parole di fuoco, sulle responsabilità, se ce ne furono, di coloro che non provvidero tempestivamente a salvarlo dal tragico tuffo nell’Adriatico. Un giornale del tempo scriveva: vogliamo sperare che si proceda contro quelli (i responsabili) col massimo rigore, altrimenti saremo costretti a dire che in Italia vi è la giustizia a parole, e che, ove si tratti di gente povera, tutto è permesso”.

 

Scrivevano di lui

“Il pallone si levò a un’altezza considerevole tantoché il bravo aeronauta Francesco Pietroni appena si discerneva e andò a cadere sotto i Cappuccini Vecchi cioè a due chilometri di distanza dalla nostra città. E lo raccolsero a sera, mentre stava in attesa appollaiato in cima a un olmo, a guardia del pallone che aveva riportato degli strappi nel toccare terra. Dopo questi voli si ritirava modestamente da parte, ritornava sereno al suo lavoro; non cercando né gloria né ricchezze. Era la sua passione, il suo coraggio che lo spingevano…”.

 

 

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