Fase uno: facile – fase due: traumatica
La giovane sposina, vissuta in campagna, apprese presto come fare per rimanere incinta. E rimase incinta. Sapeva vagamente che per mettere al mondo un figlio c’era da soffrire, ma del parto le sfuggivano i particolari. Arrivato il momento della nascita del primo figlio, il marito con cavallo e calesse si precipitò a prelevare l’ostetrica che, visitata la sposa, disse che non c’era tempo da perdere: si erano “rotte” le acque. “Cioè?” domandò perplessa la partoriente. L’ostetrica non rispose e chiese che le fosse portato un fiasco. La sposina pensò che esso potesse servire per metterci dentro le “acque” o, altra ipotesi, che ci fosse da festeggiare con del buon vino. Invece il fiasco doveva servire a tutt’altro scopo. Dopo che fu accuratamente spagliato e pulito, l’ostetrica visibilmente compiaciuta se ne uscì con: “Questo fiasco ci farà comodo!” La ragazza, vista la grandezza del fiasco simile alla testolina di un neonato, pensò che esso dovesse essere introdotto… con lo scopo di dilatare e assecondare quindi il parto. Al solo pensiero la ragazza lanciò un urlo lacerante: era nato il bambino! …senza necessità di quel maledetto fiasco. Poi ne capì l’uso: lavare il neonato con l’acqua del pozzo, bollita e fatta intiepidire. Ci fu una gran festa, fu portato un fiasco di vino e fu brindato al lieto evento. La sposina aveva appreso la fase 1 e la fase 2 per fare i figli. E di figli ne vennero parecchi, senza più alcun trauma per il fiasco, sempre richiesto dall’ostetrica.
Umberto