Libro a cura di Fabio Santilli su tracce
satiriche della Polizia italiana
tra Otto e Novecento
“In nome della legge. Tracce satiriche della Polizia italiana tra Otto e Novecento” a cura di Fabio Santilli, presidente del centro studi G. Galantara, che vive tra Roma e Caldarola. Era andata esaurita la prima edizione e nel febbraio del 2011 è stata ristampata la seconda. L’importante volume di 23 x 27 cm, ben documentato e riccamente illustrato su carta patinata, è nato dalla collaborazione tra l’Ufficio Storico della Polizia di Stato, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, il Centro Studi Galantara di Montelupone e la biblioteca del Ministero dell’Interno. Una rassegna della stampa satirica dell’epoca sull’attività della polizia italiana dalla nascita al primo Novecento. Immagini divertenti e irriverenti come satira comanda, tra cui le belle caricature a colori di Roberto Mangosi. Disegnatori, caricaturisti, fumettisti e scrittori tutti coinvolti in quest’opera che scherza sulla professione tanto dura, difficile e pericolosa, quanto necessaria per la società. Il volume contiene anche approfondimenti sulle origini del romanzo poliziesco e sul rapporto tra Polizia e società nella letteratura e nel teatro. Fa riflettere la parte riguardante il ventennio fascista del capitolo “Origini e Cambiamenti della Polizia di Stato” del dr Raffaele Camposano, direttore dell’Ufficio e del Museo Storico della Polizia di Stato. Il quale illustra per filo e per segno come Mussolini – in pochi anni – attraverso una serie di (pseudo) riforme, ridusse il potenziale professionale della Polizia, tagliando risorse, senza dare troppo nell’occhio, d’altronde la stampa era censurata. Asservire i vari corpi di polizia al regime e attuare la regola del “poliziotto non con tutti”, sono un classico comportamento delle dittature di sempre e di tutto il mondo. Come si legge nel volume, Mussolini, in realtà, non voleva un poliziotto parziale, ma: “Bisogna avere una polizia fascista. Non l’agente che è fascista ma il fascista che è agente”. Il cenno alla banda Koch mi ha richiamato alla mente un ampio dossier al riguardo letto molti anni fa su “Historia” dell’editore Cino Del Duca o su “Storia Illustrata” della Mondadori, indimenticabili mensili storici e mi spinge a fare una divagazione. Le bande Pollastrini (a Roma), Carità (a Firenze e Padova), Koch (a Firenze e Milano) e altre erano dei bubboni generati come in una crisi di rigetto. Per ovvi motivi nel volume questo aspetto non è approfondito, ma gli elementi di queste bande “di repressione” si macchiarono di torture, efferatezze, abusi e arbitrii di ogni tipo – degni di un film dell’horror – nell’Italia già prostrata dalla guerra e divisa in due nelle idee e, di fatto, dall’occupazione tedesca. Una pagina assolutamente vergognosa… da dimenticare.
Eno Santecchia