Arte in scatola: purché non si rompano…

di Lucio Del Gobbo

 

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L’arte in scatola: uno specchio dei tempi! Qualche giorno fa, sfogliando un domenicale di Sole 24 Ore è capitata sott’occhio un’immagine di Piero Bernardini a copertina di un vecchio catalogo, forse risalente agli anni venti. Raffigurato un barattolo sul tipo di quelli che si usavano per le conserve, solo più piccolo (data la preziosità del contenuto!), con al centro dell’etichetta un rosso cuore sprigionante fiamme, come negli ex voto, e una scritta indicante il contenuto: “Scatola d’amore in conserva”, e più precisamente, “Estratto d’amore, concentrato nel vuoto, di marca depositata”. Mi ha incuriosito la marca (o la ditta promotrice) e più ancora l’autore dei disegni del catalogo: rispettivamente Filippo Tommaso Marinetti e Ivo Pannaggi, sì proprio lui il nostro scapigliato futurista maceratese. Ricordavo di lui una piccola opera consistente in una automobilina di latta di quelle economiche con cui si giocava da bambini nel periodo immediatamente post-bellico, spiaccicata e resa informe, forse finita sotto la ruota di pesante autocarro. pannaggiPannaggi l’aveva presentata alla Biennale dell’Umorismo di Tolentino così com’era, ma corredata di bella cornice e una didascalia che recitava pressappoco così “opera d’arte per veri intenditori”. Sì, l’ironia non gli faceva davvero difetto! Oltre tutto, in quel caso, alludeva al fatto che oramai tutto poteva essere proposto come opera d’arte, purché riservata a “veri intenditori” creduloni. Pannaggi era anche questo, un sottile polemista, eterno bastian contrario. L’immagine ora trovata mi suggerisce alcune considerazioni. La tanto decantata Pop Art che ognuno considera esclusivo brevetto americano, era già stata inventata in versione autarchica dai nostri “provinciali” futuristi, andy-warhol-zuppasenza che gli storici dell’arte se ne fossero accorti. Ma la nostra riflessione va oltre, portandomi a considerare un altro prodotto artistico che di lì a qualche decennio avrebbe fatto presa come “contenitore” d’arte sopraffina. Mi riferisco a quella “Cacca d’artista” che un altro scapigliato maestro dell’ironia, Piero Manzoni, avrebbe avuto l’ardire di proporre come prodotto artistico. S’era passati, nel volgere di pochi lustri, dal reclamizzare un romanticissimo cuore in scatola straziato dall’amore, a un contenitore nientemeno di escrementi! Certamente un trapasso sconfortante, anche se a motivarlo era stato l’intento di dimostrare che l’arte (in tal caso sì degenerata!) purché sia “fatta” da un artista merita d’essere tramandata come fosse reliquia. Proposta indubbiamente spericolata e poco decente…ma come cambiano i tempi!

 

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