Da conservare e valorizzare
(in foto: Vecchio con boccale di Giovanni Battista De Curtis – Napoli 1860 – 1926)
La Legge regionale 5/2011 ha istituito i “Locali storici” per conservarne la memoria e per valorizzarli. Una legge ispirata dall’estensore dell’articolo, redatta da Fabrizio Lorenzotti e presentata in Regione dal Consigliere Enzo Marangoni. E’ stata approvata con 43 “sì” su 43 votanti il 5 aprile 2011. Le attività commerciali che otterranno la denominazione di “Locale storico” saranno inserite in una apposita guida, potranno esporre uno stemma che li contraddistinguerà e fruiranno di un contributo di 25mila euro che, tuttavia, non ha ancora una copertura finanziaria. A Macerata hanno presentato domanda per entrare a far parte di questa ristretta categoria le seguenti attività commerciali: Trattoria da Ezio, Osteria dei Fiori, Lu spaccittu, Simona Carpineti (la Cimarella), Juri Angelucci (Magnì in piazza Mazzini), Claudio Cuppoletti (omonimo bar in via Roma) e Il Giardinetto, per il quale le domande sono state due, una dalla società che lo gestisce e un’altra dalla proprietà, la Sa.Ma. srl di Montecassiano.
Età minima 40 anni
L’impossibilità di ritrovare la licenza attestante un minimo di 40 anni di attività presso il rispettivo Comune o tanto meglio presso la Camera di commercio è stata una delle difficoltà riscontrate dai coraggiosi e pazienti titolari di questi caratteristi esercizi commerciali deputati alla somministrazione di cibi, vini e canti. Insomma il censimento è stato impostato male, più verso i caffè che verso le osterie storiche com’era invece nello spirito della legge di cultura immateriale. Inoltre le domande hanno scadenze variabili a seconda dei Comuni. Tuttavia è interessante conoscere un precedente storico, il censimento del 1927.
Mussolini disse: “Rovinosa felicità a buon mercato”
Dei primi dati di quel censimento ne parlò anche, in maniera non del tutto lusinghiera per noi marchigiani, Mussolini il 26 Maggio 1927 nel Discorso dell’Ascensione: “Un altro fenomeno sul quale bisogna richiamare l’attenzione dei cittadini consapevoli, è quello della mortalità per alcoolismo. Non vorrei, a questo punto, che gli organizzatori del recente Congresso antiproibizionista temessero alcunché dalle mie parole. Io, non solo non credo all’astinenza assoluta; penso, anzi, che, se ragionevoli dosi di alcool avessero fatto molto male al ge-nere umano, a quest’ora l’umanità sarebbe scomparsa o quasi, perché liquidi fermentati si bevono fin dai tempi preistorici. Però non vi è dubbio che in Italia si comincia a bere troppo egregiamente. Il Mortara, nelle sue ‘Prospettive economiche’ ci fa sapere che l’Italia ha 3 milioni di ettari dedicati a vigna; un milione di più di quello che non ne abbiano la Francia e la Spagna, che sono, come sapete, paesi produttori mondiali di vino. I morti per alcolismo non sono una cifra eccessiva; si va da 664 nel 1922 a 1.315 nel 1925; e i quozienti più alti sono nelle Marche, nella Liguria, nel Veneto, nell’Umbria, nel Piemonte, negli Abruzzi, nell’Emilia. Qui si è affacciato il problema della riduzione degli spacci che erano moltissimi: 187.000 osterie in Italia! Ne abbiamo chiuse 25.000, e procederemo energicamente in questa direzione anche perché noi lo possiamo fare. Siccome noi, probabilmente, non avremo più occasione di sollecitare voti dagli osti e dai loro clienti, come accadeva durante il Medio-Evo democratico-liberale, possiamo permetterci il lusso di chiudere questi spacci di rovinosa felicità a buon mercato”.
A cura di Gabor Bonifazi