L’eroe del giovane Prezzolini
“Sopra una collina, calma e quasi assopita, riposa Macerata delle Marche fuori dalle grandi linee di comunicazione ferroviaria, fuori dagli itinerari più battuti del turismo, fuori dalle correnti di esportazione”. E’ l’incipit del lungo ricordo che Giuseppe Prezzolini scrisse nel giugno del ‘64, dedicato alla “piccola città delle Marche” dove aveva vissuto per 4 anni, dall’ottobre del 1889 al giugno del 1892, quando aveva appena 7 anni, al seguito del padre Luigi, Prefetto del Regno. Da allora non era più tornato nei luoghi della sua fanciullezza, pur avendo sempre desiderato di rivederli.
Quando nessuno aveva fretta
Peraltro, fu una permanenza brevissima, durata appena due giorni, dedicati a ripercorrere, senza meta alcuna, “le stradette tortuose, e le rampe diritte, in mezzo a tanti palazzi silenziosi, coperti da lapidi. Per lui che tornava da una venticinquennale permanenza negli Usa fu grande sorpresa il non aver visto “qualcuno che corresse per le strade o avesse l’aria di aver fretta”. E da ciò ne provò un gran senso di riposo e tanta contentezza e gratitudine. Nel suo vagabondare senza meta, dallo scomparso orto della Prefettura al ricordo di Ugo Pizzarello, sollecitato dalla vista di un manifesto, ritrovò un fantasma della sua fanciullezza, la targa di “una straduccia modesta, con casette dalle porte e finestre piccine”. La strada che dal Duomo sbuca in piazza Mazzini, intitolata ai fratelli Ciccarelli.
Mondino
“Fu come un lampo” scrisse e subito ricordò la figura del più noto dei due fratelli, Sigismondo, Mondino per gli amici. Anche se lo aveva conosciuto da bambino, di lui rivedeva “la sua figura alta, il suo piglio indipendente, risentiva la sua parola franca e rude” con indosso più che la camicia rossa “la tenuta da cacciatore, il fucile in spalla, il cane al guinzaglio”. La frequentazione era continua, perché il padre Luigi, pur Prefetto del Regno, era un liberale moderato che, anche se aveva difficoltà ad avere rapporti con una parte certamente non favorevole alla monarchia, stimava altamente Sigismondo, considerandolo un repubblicano “schietto, semplice, diritto, senza compromessi, sdegnoso d’arricchirsi, proprio uno dei pochi esemplari che l’insegnamento di Mazzini aveva generato nella procacciante Italia d’allora”.
La targa e la scultura
Personaggi simili sono raramente trovabili anche ai nostri tempi, per cui è necessario il loro ricordo, fortunatamente fissato 100 anni or sono nel marmo al numero civico 18 di piazza Mazzini. E con l’occasione, la commissione nominata dal Sindaco per individuare la migliore collocazione dell’opera del maestro Pannocchia dedicata al Risorgimento, potrebbe sistemare la scultura a lato della scalinata dell’ex Casa del Fascio, proprio di fronte alla targa (opportunamente ripulita!) commemorativa del nostro eroe, che prese parte attiva ad alcune battaglie ricordate nel basamento dell’opera stessa.
Siriano Evangelisti