Da Belforte del Chienti, servizio di Paolo Ciccioli
E’ iniziato sotto il segno dell’arte questo 2012 per la cittadinanza di Belforte del Chienti. Infatti il giorno di Capodanno presso la chiesa di Sant’Eustachio il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha tenuto una conferenza su “L’ombra del divino nell’arte con-temporanea”, che è anche il titolo del suo ultimo saggio.
“Anacronistici”
Al numeroso pubblico presente Sgarbi ha spiegato come in occasione della ricostruzione della cattedrale di Noto, crollata parzialmente nel 1996, è riuscito a formare una squadra di artisti – definiti “anacronistici” – in grado di ricreare l’ambiente liturgico nella sua originalità, senza cedere a derive e sperimentalismi poco compatibili con la funzione spirituale propria di una Cattedrale. Una impresa nel XXI secolo, a suo dire, quella di proporre delle committenze artistiche in grado di far acclimatare la sensibilità dell’artista contemporaneo, tenuto perciò a mettere in secondo piano velleità e protagonismi, con un ambiente sacro concepito in epoche in cui il rapporto col divino era agevolato da un più favorevole clima culturale.
Ombra del divino
Proprio in ragione di questo ruolo “anacronistico” dell’artista, è più opportuno parlare di ombra del divino, piuttosto che di luce. Si, perché di luci del divino nel mondo dell’arte sacra contemporanea è difficile trovarne, senza scadere nello scenografico. In effetti la progressiva secolarizzazione del mondo e la rassegnazione dell’uomo a vivere in un tempo segnato dalla “morte di Dio” produce conseguenze visibili anche nelle arti sacre. Basti pensare alla tristemente famosa Chiesa di Foligno dell’architetto Fuksas, che Vittorio Sgarbi evoca più volte nel suo libro col nome di “scatola di scarpe”. Di fronte a questi scempi, che riscuotono anche l’avvallo delle diocesi sempre più disorientate, ben vengano gli artisti anacronistici, che almeno ci conservino le innumerevoli bellezze della nostra penisola.
La citazione di Papa Benedetto XVI
E a pensarlo non siamo solo noi, guidati dall’abile dialettica di Sgarbi, ma addirittura Papa Benedetto XVI di cui è riportata una citazione dal suo “Teologia della liturgia” che vale la pena riportare: “Nella liturgia, come pure negli altri campi della vita artistica e in misura maggiore che in essi, le grandi opere del passato conserveranno sempre il loro posto. Chi vorrebbe, per esempio, ritenere Bach come superato e inadeguato per il nostro tempo? Al tempo stesso però esse sono forze d’ispirazione che non sono l’ostacolo a forme nuove ma anzi addirittura le suscitano”. E chi potrà trovare curioso questo Sgarbi così “vaticanista”, troverà ancora più curioso leggere il capitolo “Gli effetti del Vaticano II” in cui il bersaglio del critico d’arte sono le derive modernistiche delle liturgie post-conciliari. Insomma l’antifona è chiara: nell’arte sacra, se non si hanno le idee chiare è meglio affidarsi alla tradizione, come dimostra il magnifico polittico del Boccati recentemente restaurato, che ha fatto da sfondo alla conferenza, e che non smette di suscitare emozioni con la sua eterna bellezza.