Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,
origini e vicende politiche
di Adversi, Cecchi, Paci
Zona Vergini
Un altro “pagus” esisteva dove oggi c’è la chiesa delle Vergini e, purtroppo, ne restano poche vestigia, quasi niente. Sul lato destro della chiesa, lungo la stradina che costeggia il retro della struttura, all’inizio del campetto sportivo c’è un residuo in “opus coementicium”, tecnica costruttiva ampiamente usata dai romani, smozzicato dal tempo e dagli uomini, che, dato lo spessore, fungeva da base ad una costruzione di una certa imponenza. Infatti da recenti scavi è venuto alla luce il basamento di un grosso edificio a base circolare del diametro di 19 metri racchiuso in una cinta muraria di 1,30 ml di altezza, con un lato lungo 20 metri e altri due, per adesso visibili rispettivamente per 5 e 8 metri. Dai lunghi saggi trasversali è venuto fuori altro materiale archeologico ma non ulteriori importanti residui di costruzioni. Forse qui c’era quel tempio dove, secondo una lapide rinvenuta nella chiesa delle Vergini, si venerava il culto di Giunone Argolide. Non è quindi un caso che qui siano state rinvenute due statue in marmo bianco a grandezza naturale raffiguranti due personaggi romani. Queste poi vennero modificate nei piedi, nelle mani e nelle teste affinché si trasformassero in un San Giovanni ed un San Paolo e, intorno al 1512, vennero sistemate in due nicchioni sulla facciata della chiesa di “Santa Maria del Sabato” anche detta “della fonte” costruita nelle vicinanze. Dal 1810 sono visibili nel portico interno del palazzo comunale.
Zona Collevario
Sono purtroppo pochi i ruderi giunti fino a noi del “pagus”, probabilmente uno dei più importanti, situato nella zona di Collevario. Questo venne individuato nell’appezzamento di terreno che si trova tra villa Costa, villa Ariani e il fosso Collattone. Il ritrovamento si deve al Foglietti uno storico originale e bizzarro, molto criticato ma, in questo caso, determinante, mentre era impegnato nella febbrile ricerca delle tracce di una fantomatica “Colonia Augusta” nei dintorni di Macerata. Costui fra il 1881 ed il 1884 rinvenne quel che restava del “pagus”, purtroppo smembrato, disseminato ovunque e distrutto dal lavoro agricolo dei contadini. Dalla sua minuziosa descrizione emergono dalle nebbie del tempo resti di una necropoli, tracce di mosaici e prendono forma basamenti e rocchi di colonne, architravi ed i soliti, indistruttibili, manufatti in “opus coementicium”. Ancor oggi, visitando il parco della villa Costa, si possono osservare questi ruderi originati da quella che potrebbe essere stata la villa di un ricco liberto.
Zona Santa Croce
Non è certamente per caso che chiese e conventi spesso siano stati costruiti in prossimità o sopra tempietti romani. Sarà stato così anche per la chiesa di Santa Croce? Il Foglietti, attento ricercatore di ruderi archeologici, era convinto che su questo colle fosse sorto, nell’antichità, un tempio. Che poi avesse asserito si trattasse di un tempio dedicato dagli etruschi al Sole… è un altro paio di maniche! Invece il Compagnoni credeva il tempio dedicato a Mercurio e aggiungeva con convinzione: “Si congettura ch’un tal tempio fosse situato nel più eccelso colle del distretto di Ricina, poco più di un miglio lontano dalla città vicino al convento dei Minori Osservanti, detto della Pietà Nuova, o Santa Croce, per alcune tavole di marmo finissimo ivi dissotterrate.” L’iscrizione, che ai tempi del Compagnoni si trovava “In un gran marmo rivolto al di sopra della chiesa di San Lorenzo”, venne spostata una prima volta nel 1740 all’interno del monastero, poi fu trasportata nel palazzo comunale 50 anni dopo.
continua