Macerata capitale della Marca

Il rimpianto: era una volta…

 

La nostra città è decaduta dalla funzione di centro primario politico e amministrativo a opera dell’avvenuta unità d’Italia, che ha favorito l’emergere di città strategicamente più importanti nell’assetto del nuovo stato unitario, relegando Macerata a una funzione di centro urbano di più modeste ambizioni e autorità, comprimendo entusiasmi e passioni, costringendola a un ruolo di sottomissione e dipendenza alla nuova capitale Ancona. E’ stata la fine della città erudita, come la cita Pompeo Compagnoni nell’opera La Reggia Picena: “Macerata come luogo dove non più la natura che l’arte aveva voluto l’antica sede dei presidi generali”. Sono passati 150 anni, quasi nulla è cambiato, tutto questo tempo non ha inciso nel tessuto sociale della città, tanto da non poter menzionare nel nostro contesto culturale personaggi di spicco in campo nazionale se si esclude lo scienziato, scrittore, esploratore e orientalista, Giuseppe Tucci, mai sufficientemente onorato. Unico riconoscimento è l’intestazione di una strada in una zona disabitata della città. Sono accaduti eventi epocali che hanno cambiato il mondo, e Macerata è restata immobile, in uno stato di torpore, riposando sulle glorie passate. Il “merito” è da attribuire a tutte le Amministrazioni comunali succedutesi nel dopoguerra. Neanche l’adozione, negli anni ‘60, del piano regolatore Piccinato consentì di risolvere i problemi della città, anzi, l’indirizzo urbanistico del piano privilegiò lo sviluppo “a macchia di leopardo” delle zone residenziali, nei posti più strani e dispendiosi, trascurando quanto avrebbe consentito la formazione di un grande polo industriale, favorendo al contrario i proprietari delle edificabili inserite nel piano. Fu una scelta politica! Non cambiare! I problemi rimasero, anzi furono aggravati perché fu trascurato lo sviluppo futuro di viabilità, con i risultati che oggi subiamo. Vere “forche caudine” sono il passaggio a livello e la rotatoria di via Roma, dove la precedenza a sinistra favorisce il flusso veicolare in uscita da Collevario, a discapito della maggiore corrente di traffico proveniente da Sforzacosta. Il problema, compresa la liberazione di Sforzacosta dal traffico che la sta asfissiando, si poteva risolvere realizzando la progettata bretella collegante l’uscita di Macerata ovest con via Mattei: un’opera del Progetto Quadrilatero che il Comune ha scelto di realizzare in proprio, ma fino a ora nulla si è fatto. Non sarebbe stato logico e conveniente al momento della trattativa con la Società Quadrilatero chiedere l’immediata esecuzione dell’opera? Parliamo ancora del parcheggio di Rampa Zara mai realizzato, per il quale i progetti prevedevano il collegamento alla sopra citata bretella e all’asse tematico (Galleria delle Fonti). Questa realizzazione avrebbe in parte risolto l’asfissia del centro storico cittadino. Si sarebbero dovute fare la bretella di collegamento Collevario-Sasso d’Italia, lo svincolo della superstrada da S. Claudio fino alle Vergini, un decoroso riassetto urbanistico del centro storico… Certamente progetti impegnativi e costosi, ma sono inattuati anche i progetti di minore importanza! come il muro di cinta dell’ex carcere tra via Illuminati e vicolo Tornabuoni, in parte già demolito: non si riesce a completare l’operazione perché manca la volontà. Basterebbe adottare il metodo Benignetti, podestà dei tempi passati, che una notte abbatté le famose tre porte! Sono tutte situazioni che, se risolte, potrebbero dare un forte aiuto alla città, pur non riportandola agli splendori del tempo di Pompeo Compagnoni che scrive: “Non una città d’arte ma un’arte di città”, prima Università dopo Roma e Bologna e sede di 5 Accademie. Non torneremo mai agli anni d’oro quando Macerata era considerata l’Atene delle Marche e la città romana dei nostri avi “Helvia Ricina” non veniva chiamata “Helvia Recina”, peccato!

Umberto Migliorelli

 

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