Via Crescimbeni, 30 : da casa a caseggiato, a palazzo
Grazie agli studi condotti dallo storico maceratese Libero Paci siamo in grado di conoscere la storia del Palazzetto Romani-Adami ubicato nell’odierna via Crescimbeni al numero civico 30. Il 7 settembre 1702 la signora Girolama Urbani, vedova del falegname Giambattista Peranda, vendette per 730 scudi romani una casa di sua proprietà situata nel quartiere San Marco (oggi via Crescimbeni) al canonico Mario Compagnoni-Burgi. La costruzione si trovava tra un edificio delle monache di San Rocco e un altro di un certo Angelo Delmi. Poco più di un anno dopo, esattamente il 19 novembre 1703, il medesimo canonico acquistò da Bernardo Palmiro il “palazzotto di Micciola”, vicino alla casa già acquisita. Ancora tre anni e il 20 settembre 1706 il Compagnoni-Burgi divenne proprietario anche della costruzione successiva, quella di Francesco Sbiscia. Era chiaro il disegno del canonico: acquistare un caseggiato per trasferirvi un ramo della sua famiglia. Ma la vita, spesso, riserva amarezze e Mario Compagnoni-Burgi il 7 luglio del 1729 fece testamento a favore del nipote Ottavio Angelucci il quale, nel momento in cui si trovò in difficoltà economiche, non trovò migliore soluzione che vendere tali proprietà a Francesco Romani per 1000 scudi. A questo punto esiste una dichiarazione dello storico Antonio Lazzarini ad attestare come l’abitazione, che si ergeva davanti alla chiesa interdetta di San Marco, fosse stata malamente riattata dai Romani di San Giusto. Nel catasto urbano del 1786 la costruzione è delimitata sul davanti dalla strada Prima (via Crescimbeni), dietro dalla strada di San Lorenzo (via Mozzi), a est dalla Cappellania Carlini e ad ovest da una piaggia (piaggia Floriani) e dal beneficio di cui è titolare Ignazio Pascolini. Ancora, nell’ “Indice delle contrade e porte” del 1799 è citata nella “Strada di Mandiroli” (sempre via Crescimbeni in una sua ennesima denominazione) la casa del cittadino Antonio Romani che viene così descritta: “Ha sette porte, due in questa contrada ai numeri 28 e 29; due nella piaggia di Romani (oggi piaggia Floriani) ai numeri 11 e 12; altre due nella strada di San Lorenzo (via Mozzi) ai numeri 51 e 54; un’altra nel vicolo degli ortacci al numero 22.” Ritroviamo quello che è diventato un palazzo anche nel Catasto Gregoriano del 1830. E’ cambiato il numero civico, ora 1034, e si legge che il Palazzotto Romani dispone a pianterreno di 5 vani, che diventano 27 al primo piano, 10 al terzo piano e 8 al quarto: in totale ben 50 stanze. Arriviamo all’1 settembre 1854 quando i Romani, quali eredi della contessa Dondini (la “quarta maritale”), vendettero la loro parte al conte Alessandro Tomassini-Barbarossa che presto restaurò, nel 1856, il palazzo. Successivamente questi completò l’acquisto il 6 aprile del 1857 da Laura Romani, fu Nicola e, il 7 dicembre 1858 ampliò la proprietà con l’acquisizione dell’adiacente casa in piaggia di Romani che era di Severino Grulli. Mantenere tanta struttura era molto oneroso per cui i Tomassini-Bar-barossa pensarono bene di affittare alcuni locali agli uffici del Bollo-Registro, alla Conservatoria delle Ipoteche, alle Imposte Dirette. Nel 1911 vendettero il tutto alla Banca Popolare che vi trasferì i suoi sportelli. Al fallimento di questa, siamo giunti nel 1930, il caseggiato passò al Banco di Roma. Oggi è proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata che l’ha resa degna sede dei suoi uffici operativi e di rappresentanza.
Il Palazzetto Romani-Adami presenta al suo interno una notevole collezione di opere d’arte fruibili dai fortunati ospiti della Fondazione.
F.Pallocchini