Il rosso fiore della violenza, XXXVII puntata

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Non stava nei panni dalla gioia. Si mise a urlare, a saltare e a correre come un puledro selvaggio per scaricare la tensione accumulata in tutto quel tempo. Chi lo vide pensò che fosse impazzito. La mattina successiva la sveglia suonò come al solito: era appena l’alba. Tutti saltarono giù dalle brande e si recarono alle docce. Si preoccupò ognuno dei propri effetti personali e, caricati sui camion, partirono alla volta di S. “Ti sei arruffianato con il Colonnello, eh baciapile!” Insinuò Michele, rivolto a Mario. “Non rompere, Michele e lasciami stare che non è aria, non ti basta ciò che ho pagato per colpa tua?” Gli rispose Mario. “Capirai! Romeo non ha potuto scalare il balcone della sua Giulietta!” – “Senti, falla finita! Non voglio perdere anche questa licenza per colpa tua…”. – “Ehi voi, avete udito? Costui, che sta addentro alle segrete cose del Colonnello Comandante, parla di una prossima licenza, che ne sapete voi?” – “E falla finita, rompipalle, se non vuoi correre il rischio che te la dia io una botta in testa!” Gli rispose un altro allievo che gli sedeva vicino. Michele tacque, ma l’invidia lo rodeva: non sopportava che Mario lo avesse superato di gran lunga nella graduatoria del corso e che si fosse guadagnato la stima incondizionata dei superiori. Egli giurò a se stesso che alla prima occasione gliela avrebbe fatta pagare. L’impatto con la metropoli di S. generò sorpresa e sgomento nel cuore di molti di quei ragazzi in gran parte meridionali, che non avevano mai conosciuto una città di quelle dimensioni. C’era chi si chiedeva come facesse quell’umanità brulicante a orientarsi in quel dedalo sterminato di vie e di piazze, di grattacieli e di quartieri. Mario non si stancava mai di guardare e di ammirare quelle architetture che con le loro sommità sembravano anelare a una carezza del cielo. Un solo quartiere superava per dimensione più di un paese come il suo e in quanto a densità di abitanti non c’era nemmeno da tentare un qualsiasi paragone. Gli venne spontaneo riflettere sugli infiniti problemi che doveva causare una megalopoli come quella e non si meravigliò che proprio in quel luogo fosse nata, prima che altrove, la lotta armata di quei gruppi eversivi di cui parlavano i mass media. Quanti esseri umani in ogni minuto della sua storia divorava quell’insaziabile Moloc, quante ingiustizie e quali soprusi sca-turivano dalle viscere di quel mitico leviatano. Dietro le lucide e risplendenti facciate, arricchite da multicolori in-segne luminose, quei palazzi esalavano il puzzo di sudore e di fatica di migliaia di operai e di contadini meridionali, che, pieni di sogni e di speranze per una vita migliore, erano sbarcati con le loro misere valige di cartone nel ventre della sua immensa stazione ferroviaria. Mario pen-sò anche che in posti come quelli si sarebbero decise le sorti della nazione italiana. Finalmente giunsero, stanchi e impolverati, alla caserma che li doveva ospitare. Furono accolti da ufficiali e sottufficiali, solerti ed efficienti, che li avviarono alle loro camerate. Dopo le docce, furono accompagnati in un vastissimo locale che fungeva da sala delle riunioni. Dopo una breve attesa entrò il Questore accompagnato dai suoi collaboratori. Tutti gli allievi saltarono in piedi, salutando. “Comodi, comodi ragazzi! Sono qui per darvi il benvenuto nostro e della città tutta. La vostra presenza è dovuta non solo alla necessità di una vostra prima esperienza pratica, ma anche alla necessità di rinforzare il nostro organico con forze fresche in questo frangente delicato della nostra vita politica. Voi ci aiuterete nel difficile compito di mantenere l’ordine durante una importante manifestazione sindacale. Forse qualcuno di voi già lo sa, per averlo letto su qualche giornale, ciò che bolle in questo gigantesco pentolone. Qui alcuni ragazzi di buona famiglia che non avevano nient’altro da fare che girarsi i pollici tutto il santo giorno, stufi dell’andazzo, hanno pensato di crearsi una distrazione, mettendosi a fare la rivoluzione. Il fatto è che questi bastardi stanno provando a farla per davvero! Noi siamo convinti che essi abbiano in mente di approfittare del comizio per crearci qualche problema. Quindi compito nostro sarà quello di stornare i loro propositi. Lasciatevi guidare dai vostri superiori, non pretendete alcuna iniziativa personale e, soprattutto, non lasciatevi trascinare emotivamente, specie se provocati. Se osserverete gli ordini tutto andrà bene. Sono certo che non vi poteva capitare un test peggiore per il vostro battesimo del fuoco! Il mio augurio più sincero è che tutto fili liscio, in bocca al lupo!”    

continua

5 agosto 2017

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