E voilà… il vino francese! e pomodori mescolati…

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Sono raggiunto da notizie che mi raggelano e mi pongono in un angolo scuro senza speranza di vedere una luce. Esagero? non direi. Agli amici de La rucola apro un mio pensiero e le mie impressioni. Sono venuto a conoscenza per esempio che gli allevatori  di bestiame con un minimo di dieci capi non riceveranno alcun aiuto dallo Stato, ritenuti troppo piccoli. Tutti gli allevatori di ovini stanziali inoltre non saranno presi in considerazione e così tutti gli altri che possiedono pochi animali. Non si provvede più ai campi di grano tenero sperimentali e all’arricchimento dei prati-pascoli. Non parliamo poi delle ricerche sul grano duro, il quale, una volta allontanato dalla sua peculiare posizione pedo-climatica, perde grande valore di qualità, subendo l’inflazione di grani duri coltivati fuori dalle zone di vocazione e, addirittura, talvolta vengono mescolati con grani di provenienza estera, facendo crollare il prezzo al quintale. È anche il caso dei pomodori san marzano, prodotti in quantità considerevole e soggetti purtroppo all’arrembaggio da molteplici imprenditori, alcuni dei quali, poi, mescolano al prodotto ottenuto un altro di importazione, annullandone l’alta qualità. Quando avverrà fra loro un accordo coeso per produrre un pomodoro “doc” interamente italiano?  Gli spagnoli, per esempio, stanno preparando olivi in migliaia di ettari di terreno usando la tecnica dei sesti moderni, che facilita la loro coltivazione e la loro raccolta, ricavandone una quantità di olio extravergine in grado di conquistare il mercato mondiale. Noi rimaniamo in trincea? No. Occorre soltanto organizzarci: è arcinoto infatti che la patria del vino è anche quella dell’olio. Abbiamo persone di alto livello agronomico e pure bravi studiosi del mercato e gli italiani, del resto, non so no mai mancati di ingegno e di risorse. Rientro ora nel tema della difesa dei nostri prodotti raccontando un episodio vero, da me personalmente vissuto. Fui allora inviato dal Ministero quale Ispettore del servizio della Repressione frodi agroalimentare in Sicilia. Conoscevo già la Sicilia come turista, ma con una veste diversa ebbi modo di visitare  le zone dove si produce tuttora il vino Marsala.  Gettai subito alle ortiche quel cappello che mi era stato dato, per sostituirlo con uno più confacente al mio carattere. Fui fortunato, nel senso che in quel periodo avveniva la raccolta delle uve da cui si stabiliva l’atto di nascita del vino Marsala. Mi trovai di buon mattino in una cantina poco distante da un’altra più importante. Mi presentai al titolare, uomo dai grandi baffi “alla Vittorio Emanuele II”  e chiesi subito cortesemente se potevo assistere alla vinificazione (seppure ne avessi pieno diritto) e se potevo assaggiare l’uva varietà “grillo”, accompagnandola con un panino che avevo in tasca per fare colazione. Fu d’accordo. A me interessava effettivamente conoscere la qualità dell’uva, che effettivamente m’impressionò. Il baffone capì subito che non ero un uomo da tavolino ma un tecnico. Guardandomi negli occhi capì che il mio scopo era molto diverso da quello presumibile. Volevo conoscere tutto, visitai completamente la cantina, comprese le scorte di invecchiamento con le bottiglie pronte al consumo nelle diverse definizioni. Allora si presentò un momento cruciale, al limite dell’azzardo. Al baffone chiesi con estremo garbo che fine facessero quelle vinacce. Sapevo perfettamente cosa ne stabiliva la legge. Mi guardò e come per non mentire, quasi intuendo la mia domanda-tranello, da autentico professionista rispose: “Vede quelle due cisterne vuote? la sera le riempiamo di acqua  con le vinacce che lei ha viste e che costituiscono per noi, profumi, ceneri e altro. Addizioniamo in proporzione zucchero, acido citrico, tartarico e infine quello che lei conosce bene, l’infertasi  (nda: sostanza che favorisce in modo veloce la vinificazione). Al mattino otteniamo il vino con una gradazione alcolica di gradi 11,50; filtriamo e poi versiamo il tutto nella nave cisterna, diretta a Sezze, porto francese. Dopo qualche giorno ci arrivano i franchi. Franchi veri”. Volli assaggiare quel vino falso pensando che la Sicilia è una terra che appartiene e non appartiene all’Italia: la vita e il modo di concepire le regole di alcuni non sempre s’inseriscono nel contesto sociale. La Sicilia è una terra baciata dal sole, cullata dalle onde del mare e incensata dalla polvere dei lapilli che dona una miracolosa reazione agronomica. Forse esagero nelle mie considerazioni ma il sud è un cuore pulsante capace di reagire ogni momento. Per esempio proviamo a porre a dimora piantine di olivo provenienti da semi e non da talea. Innestiamole con le varietà di olivi migliori e avremo un prodotto di qualità superba. Così i nostri amici spagnoli avranno la risposta.

Walter Filoni

4 luglio 2017   

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