Il tempo dell’attesa, piccola storia montefanese

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“Il tempo dell’attesa” è il libro di una piccola storia montefanese scritto da Giuseppa Rimini ed edito dalle Edizioni Simple. Il volumetto è articolato in una serie di brevi capitoli, alcuni di poche righe, in cui i ricordi di una donna, allora bambina, fissati in modo indelebile nella sua mente, sono stati raccolti con lucido sentimento dall’autrice nelle pagine per farne partecipi i lettori. Già le immagini forniscono una prima datazione: siamo al tempo della seconda guerra mondiale, il periodo della ritirata tedesca dal nostro territorio e dell’avanzata dell’esercito alleato. Le foto raccontano di un’epoca ormai lontana dagli usi e dai costumi attuali. Migliore? Peggiore? Sicuramente molto diversa, certamete più povera dal punto di vista economico, forse più ricca umanamente. Ma le foto sono solo un complemento al libro, è il tempo dell’attesa il vero protagonista. Non tutte le attese sono uguali, anche se tutte vanno a incidere sulla vita delle persone, così come è accaduto a Giuseppa Rimini. Angoscianti, per una piccola bambina, soprattutto due attese: quella del padre e quella delle bombe. Un padre partito per la guerra, una madre piangente che ripete alla figlioletta: “Non piangere, lui tornerà perché ci ama tanto”. Quale attesa può essere peggiore, pur stemperata nei giochi, di quella che si affievolisce giorno dopo giorno… e resa ancora più terribile dal cupo rumore degli aerei che arrivano da lontano e volano bassi sopra il paese, con la sirena che annuncia il pericolo, con il sibilo delle bombe e, infine, il boato dell’esplosione e lo scuotimento della terra e delle case. Tutti eventi che fanno comprendere cosa sia la guerra e come sia difficile per il soldato sopravvivere per poter ritornare agli  affetti  familiari. La vita, anche in tempi cupi,  non è solo questo. Ci sono anche altri momenti, per fortuna. Nelle giornate dense di paure c’è anche una mano tesa a offrire un piatto di minestra e una fetta di pane bianco, da dividere con un fratellino: un cibo che dà felicità in tempi di fame e di carestia; o, ancora, un dono meraviglioso che arriva dal cielo, ma non dai terribili bombardieri bensì da una finestra aperta, dalla quale una voce amica grida: “Allarga la gonna e tienila tesa con le mani…” e… una bambola bellissima, vestita di vaporosità, scende leggera in grembo alla bimba che l’accoglie e la culla, proprio come la sua mamma fa con lei. Non mancano i momenti di orgoglio, per il fatto di sentirsi utile e “grande”, con in testa la brocchetta dell’acqua attinta alla fontana, da riportare  a casa, in fila con le altre donne del paese. Una scena usuale, allora, oggi scomparsa dalle consuetudini, quasi un reperto archeologico. C’è anche il momento di gloria per la bimba, ed è quando lei, proprio lei, è stata scelta per rendere omaggio, con un mazzo di fiori, al generale polacco in visita alle truppe. Che avvenimento! La mamma la lava nella tinozza, la veste con un abitino da marinaretta mentre lei ripassa il suo discorso fatto di poche parole ma così impegnativo!

Capitolo XXVII – Si dona e basta

A ripensarci adesso, furono davvero difficili i tempi della mia prima infanzia, ma crescendo imparai, un po’ alla volta, che spesso basta poco per sorridere. E imparai anche un’altra cosa importante crescendo: il valore dell’amicizia; quella vera, che non dipende dall’età e non si aspetta niente in cambio da nessuno. Si dona e basta. Con gioia.                                                   

Fernando Pallocchini

20 giugno 2017

 

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