La storia vera di Banca delle Marche – XVIII puntata

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Continua il racconto della storia di Banca delle Marche e si avvicna sempre più all’epilogo finale.

 

Verso la banca regionale

Intanto, prima timidamente, poi sempre più diffusamente, si inizia a parlare di altri progetti di collaborazione in primis con altre aziende marchigiane, nella convinzione che occorra aumentare le dimensioni per poter affrontare i nuovi investimenti che, soprattutto nel settore informatico, sono sempre più necessari e consistenti per rimanere al passo con l’evoluzione del settore bancario e con l’attivazione di nuovi e più sofisticati prodotti per la clientela. Qui si rende necessaria una precisazione: gli avvenimenti che affronteremo sono relativamente recenti e in gran parte quindi non ancora storicizzati, per cui possono esserci molteplici opinioni diverse, sia sulle motivazioni che sullo svolgimento, a seconda dell’ottica con cui si guardano. Si dice che “Il vero storico è oltre il rogo, perché oltre il rogo non v’è ira nemica”, citando Vincenzo Monti, il traduttore dei poemi omerici, ma io non sono uno storico e non pretendo di esserlo e ciò che voglio cercare di raccontare non è la VERITÀ, ma è la MIA verità, cioè quello che ha vissuto e percepito chi ha partecipato e ha avuto un ruolo importante, anche se non certo da protagonista, ma da semplice osservatore, ancorché privilegiato, dei fatti e delle vicende che stiamo raccontando.

 

L’idea iniziale

Per quanto ne sappiamo, l’idea iniziale si riferiva a un rapporto di collaborazione tra la CR Pesaro, che aveva necessità di investire nel settore informatico per sostituire e trasferire altrove il proprio centro elettronico, ormai obsoleto, e la CARIMA, che invece aveva un CED perfettamente funzionante e in grado di gestire anche il settore informatico dell’altra azienda, che avrebbe così potuto destinare altrove le rilevanti risorse necessarie per la creazione di un nuovo CED. Da questo primo passo ci si chiede se invece non sia possibile fare di più e meglio, ampliando il rapporto di collaborazione tra le due aziende in un crescendo che porterà all’idea di una fusione per unione in una nuova banca. Non è così uguale invece come il processo viene naturalmente visto e vissuto a Macerata e soprattutto nella città di Pesaro, dove è convinzione diffusa che la unione sia “imposta” dalla necessità di un salvataggio della CARIMA, compromessa dalla vicenda Federconsorzi; tutto ciò creerà non pochi problemi per molto tempo e questa convinzione forse non è ancora del tutto scomparsa! Si lavora al progetto a ritmo serrato e anche stavolta, come avvenuto per la Banca CARIMA, la bozza di statuto viene personalizzata con la ragione sociale Banca delle Marche, dizione che non trova opposizione e critiche, per cui resterà fino alla versione finale.

 

 

La valutazione delle due aziende

Un grosso problema è costituito dalla valutazione delle due aziende, che deve portare a risultati pressoché simili: la fusione infatti o si fa al 50% oppure non si fa. In realtà i maceratesi erano e sono tuttora convinti che una cauta valutazione oggettiva porterebbe a un rapporto di 52% a 48% per la CARIMA, ma forse anche un 54% a 46% sarebbe realistico; ma ciò impedirebbe di procedere nel progetto e la CARIMA mostra invece di credere fermamente nell’unione ed è quindi disposta a cedere. Si lavora quindi sulla valutazione degli immobili, soprattutto la sede romana di via Romagna, stimata molte decine di miliardi, nonché sul mantenimento nella Fondazione della collezione d’arte di mobili e quadri contenuta nei palazzi Ricci e Galeotti, nonché delle altre opere d’arte conservate allora anche presso le filiali e pian piano da queste accentrate in detti palazzi. La collezione d’arte, alla fine, con altre cose connesse, sarà scorporata in una nuova società, la CARIMA Servizi srl (poi CARIMA Arte), interamente controllata dalla Fondazione, per la quale il presidente Pagnanelli aveva ipotizzato una gestione minimale, con un amministratore unico; ma aveva fatto i conti senza l’oste, cioè i suoi colleghi amministratori della Fondazione: la nuova società avrà un consiglio di amministrazione di cinque persone, numero massimo statutariamente ammesso, anche se il personale è dedicato quasi totalmente alla gestione della fondazione, mentre il resto della sua attività istituzionale è in pratica nullo, limitandosi alla gestione del patrimonio artistico. All’inizio dell’estate i risultati sono pressoché definitivi e il direttore generale Emidi, in una riunione del consiglio di amministrazione, illustra le linee della nuova azienda; in tale occasione apprendo che la segreteria generale sarà appannaggio di Pesaro, con nuovo capo servizio, che ha il vantaggio di avere un grado superiore al mio, anche se è stato in segreteria molti anni prima e oggi proviene da tutt’altro settore. Ci incontriamo per la prima volta presso la filiale della cassa pesarese a Jesi (un segno del destino?) e lo trovo persona simpatica e cordiale, ma con idee piuttosto discutibili e poco condivisibili sull’organizzazione del servizio e sulle funzioni di una segreteria moderna. Nel mese di ottobre sono completati gli atti formali e il 2 novembre 1994 (anche questo un segno del destino?) nasce la Banca delle Marche spa, con sede in Ancona nel palazzo di via Menicucci, già sede del Mediocredito regionale delle Marche, trasferitosi altrove.

 

22 maggio 2017

 

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