Abbazia di San Claudio al Chienti

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L’intrigante e complesso libro di Simonetta Torresi, “I popoli delle Marche”, partendo dalla preistoria e arrivando al 1400,anticipa al VI secolo la presenza del popolo Franco nelle Marche, ritenendo l’edificio di San Claudio la sala del trono di Carlo Magno. Vorrei qui evidenziare un particolare apparentemente non importante sfuggito a tutte le persone che per secoli l’hanno guardato ma che è stato notato solo dall’Autrice. Bisogna confermare che è vero quando si dice che, per nascondere qualcosa, occorre metterla in evidenza, se nell’affresco presente nell’abside la Torresi, una delle maggiori esperte nazionali di massoneria, rileva che S. Claudio è raffigurato con un grembiulino, come un raffinato mastro muratore, di cui il grembiule è simbolo. Questo abbigliamento sembra essere del tutto originale: mai infatti si è visto al mondo un Santo raffigurato con abiti non canonici. La studiosa avanza due ipotesi per spiegare questa scelta: 1) la persistenza nella nostra regione di maestranze organizzate in grado di tramandare le tecniche per costruire opere imponenti come San Claudio e che hanno voluto lasciare un loro simbolo. 2) La presenza in loco di forme protomassoniche di tipo speculativo già in epoca antichissima considerando che l’affresco è datato XV secolo. Queste pagine del libro mi hanno fatto ricordare fatti, racconti, letture riguardanti questa importantissima chiesa. L’ultimo vescovo, residente stabilmente a San Claudio, è stato Castelli, che ha effettuato i lavori di restauro tra il 1924 e il 1926. In quella occasione furono ritrovati nella chiesa inferiore un corpo mummificato con una spada al fianco e nella chiesa superiore una piccola scatola murata in un pilastro. Di quei ritrovamenti, di cui hanno parlato i muratori lì impegnati, la Sovrintendenza non fu messa al corrente e tutti gli oggetti sono scomparsi. È interessante l’ipotesi del dott. Piero Giustozzi che in un suo articolo, riportando i fatti avvenuti, sostiene che il sacerdote facente funzioni di parroco abbia dato la mummia ai tedeschi in cambio della salvezza di una persona che si trovava davanti al plotone di esecuzione nei convulsi giorni di giugno 1944, precedenti l’arrivo dei polacchi, ma la scatola non trovandosi più a San Claudio che fine ha fatto? Altro ricordo che mi torna in mente è la notizia secondo cui l’arcivescovo di Fermo sarebbe stato fermato a Chiasso. L’ultimo parroco-vescovo  di  San  Claudio  è  stato  Cleto  Bellucci, fino al 1986, che vi abitava nel periodo estivo e che ha continuato a frequentare le grandi proprietà terriere attigue alla chiesa anche dopo essere andato in pensione. Grande intellettuale, studioso dell’etimologia dei nomi, responsabile dei beni culturali della conferenza episcopale delle Marche, ha collaborato con la Regione per la formazione di una banca dati del patrimonio culturale marchigiano. Un suo omonimo fu fermato a Chiasso con 2 miliardi di lire e Bellucci dovette giurare di non essere lui la persona controllata in Svizzera. A questo punto occorre fare alcune considerazioni sulla Svizzera la quale era famosa per quattro cose 1) la squisita cioccolata; 2) le banche per esportare capitali; 3) i noti orologi; 4) il mercato per lo scambio di reperti trovati da tombaroli. Escludendo che la vicenda sia legata all’esportazione di capitali perché sarebbe stato più naturale utilizzare lo Ior, in quel periodo molto attivo come si è saputo successivamente, propendo a pensare che l’omonimo di Bellucci sia andato a comprare cioccolata anche se stranamente è stato bloccato al suo rientro dalla Svizzera… evidentemente non è riuscito a trovarla ed è tornato indietro con i soldi! Comunque ormai a San Claudio non c’è più nulla, pure perché nel 1995 e nel 1998 i pavimenti della chiesa inferiore sono stati tolti, sabbiati e rimessi senza il permesso e il controllo della Sovrintendenza: tutto è stato spazzato via, rimane solo la nuda struttura. Questo mi fa riflettere ma non riesco ancora a collegare tutti questi ricordi. Mi è stato raccontato il comportamento di quel vescovo-intellettuale, con una mentalità forse preconciliare, molto comune in chi si era formato nei seminari nel periodo di Pio XII: in occasione di un pranzo a San Claudio, era molto gioviale e contento ma quando una signora gli ha domandato cosa pensasse della possibile presenza di Aquisgrana in quel luogo… improvvisamente cambiò umore diventando cupo e imbronciato fino alla fine del pranzo. Vorrei inoltre far notare che Papa Francesco, il primo Papa a non aver partecipato al Concilio Vaticano II e lontanissimo dalle secolari problematiche inerenti i rapporti tra Stato e Chiesa, non è mai venuto, se non marginalmente, nei territori che fecero parte dello Stato Pontificio. Questo fatto potrebbe non essere un caso bensì una svolta nella presenza della Chiesa nella società. Porterà pure a una nuova revisione storica?

Albino Gobbi

05 aprile 2017

 

 

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