Il castello di Lanciano

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Origini

Le origini del castello di Lanciano si perdono oltre duemila anni fa. Già la località era nota al tempo della dominazione romana, infatti il nome sembrerebbe originare da un proprietario terriero, tal Lantius, che fece chiamare Lantianum il suo territorio. Notizie più certe di un insieme di costruzioni si hanno dall’alto medioevo quando Lanciano entrò a far parte dei possedimenti dell’Abbazia di Farfa. Durante la presenza dei Longobardi, si sa di una chiesa denominata prima Sant’Angelo di Lanciano e successivamente San Salvatore di Lanciano. Citazione sicura viene dal Papa Innocenzo IV che, in cambio dell’ospitalità avuta in Camerino concesse ai camerinesi giurisdizione, tra l’altro, su ciò che la Chiesa romana aveva in Lanciano e adiacenze.

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Nel 1350 Lanciano era un mulino, un casolare e un torrione di difesa come risulta dal testamento di Gentile II da Varano e una sua ulteriore trasformazione in castello si deve a un grande costruttore militare, Giovanni da Varano, che inserì la struttura, potenziandola, nella linea di difesa di Camerino detta “Intagliata”. Un semicerchio tra il Chienti e il Potenza lungo 12 km che iniziava dal Castello di Pioraco, continuava con la “Porta di Ferro” di cui non esistono più tracce, poi Lanciano, la Torre del Parco, le due Torri della Rocca di Aiello, la Torre di Agnano e la Torre Beregna, da poco diruta. Queste difese erano unite da una profonda trincea riempita con tronchi  disposti  alla rinfusa,  per  impedire a uomini e cavalli di passare e il nome di “Intagliata” viene dal taglio degli alberi usati per la riempitura. Il castello ebbe un rifacimento sostanziale alla fine del ‘400 per opera di Giovanna Malatesta che lo trasformò in lussuosa villa rinascimentale “con una gran sala ornata di pitture e de’ ritratti delle donne illustri”. Nel ‘600 Lanciano passò in affitto a diverse famiglie illustri fin quando, nel 1754, il marchese Alessandro Bandini lo acquistò dal Papa Benedetto XIV. La costruzione, in decadenza, ritornò a essere una piccola reggia merlata, ebbe sale comunicanti, deliziosi appartamenti (notevole quello cinese), statue, quadri, stupendi reperti romani provenienti da Urbs Salvia (anch’essa possedimento dei Bandini). Quasi tutto giunto fino ai nostri giorni tanto che il Castello di Lanciano è una delle pochissime ville in Europa che conservano del ‘700 sia struttura che ornamenti. L’ultima della dinastia, Maria Sofia Giustiniani Bandini, ha lasciato tutto alla Diocesi di Camerino.

 

Il parco, oasi naturalistica e storica

Intorno al Castello di Lanciano c’è un parco di 30 ettari ricchissimo di vegetazione, animali selvatici e acque,  tanto che Isabella d’Este nella sua visita di fine ‘400 lo elogiò e lo descrisse in modo entusiastico in una lettera diretta al marito. Peculiarità eccezionale è data dalla presenza di un canale fluviale che fin dal ‘400 muoveva un mulino e che oggi viene usato per far girare due turbine che producono elettricità. Questo canale, che si diparte dal flusso principale, per mezzo di una tubazione di grosso diametro finisce sotto terra, attraversa il fiume e sbuca dal suolo, a un centinaio di metri di distanza, con un potente getto (in virtù del principio dei vasi comunicanti) in cima a una collinetta, tra la vegetazione, andando a movimentare la seconda turbina.

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Camminando per viottoli alla volta della tomba dei conti incontriamo una neviera di grandi dimensioni scavata nel terreno e tappezzata di roccia dove la neve, stratificata con paglia, si conservava per lungo tempo assolvendo alla funzione di un moderno frigorifero. Una tomba è immersa nel verde e conserva i resti del conte Manfredi Gravina dei principi di Ramacca e della contessa, sua consorte, Maria Sofia Giustiniani Bandini. La ricorda mons. Giuseppe Tozzi come una signora alta, austera, di grande cultura (conosceva e parlava correntemente francese, inglese e spagnolo), che veniva invitata ufficialmente a tutti gli incontri e manifestazioni che coinvolgevano personaggi reali. La contessa, in estate, al suo arrivo al castello chiamava a raccolta i famigli con la campana e recitava il rosario poi, dopo aver indossato un abito da sera amava cenare da sola nel grande salone.

 

Il flipper del ‘700

Siamo andati a visitare il castello nel 2004, durante il restauro post sisma, accompagnati da Mons. Giuseppe Tozzi della Diocesi di Camerino e da Antonio Cargini, titolare dell’impresa che eseguiva i lavori. Esternamente erano già stati consolidati i muri, intonacati e tinteggiati; all’interno si stava provvedendo alla sistemazione dei solai con la sostituzione delle travi di pioppo, deformate e marce, con altre di castagno  mentre erano lasciati originali i materiali non soggetti a deterioramento quali pianelle e pavimentazioni. Durante i lavori di ripristino sono affiorati alla luce affreschi con scene di caccia e, in una cucina, l’immagine (probabilmente del ‘400) assai rovinata di una donna seduta a un desco imbandito. C’è stata grande attenzione a raccogliere nel salone principale (a fine restauro sarà così splendido da risultare indimenticabile per chi lo visiterà) tutte le suppellettili (mobili, accessori, dipinti ed altro) proteggendole con un sofisticato sistema di allarme. Tra gli oggetti che abbiamo osservato il più curioso in assoluto è un flipper del ‘700 che emette sonorità per mezzo di chiodi di diverse lunghezze infissi in una cassa armonica.

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Ci sono anche più annate di calendari francesi originali di fine ‘700 oltre a 300 quadri dell’epoca e, in una “sala giochi” ante litteram abbiamo notato, appeso per aria perché intrasportabile, un maestoso biliardo perfettamente conservato. Per il contado c’era una chiesa esterna al castello mentre i famigli potevano fruire di una cappella cui si accedeva dalle logge; i signori, invece, pregavano in una cappellina interna ornata con fregi dorati con, sull’altare, una delicatissima e finissima scultura in marmo rappresentante una Madonna con Bambino. Su questo altare si può notare una pietra-reliquiario, ormai senza le reliquie che sono conservate in Curia. Durante i lavori di restauro non sono stati trovati passaggi segreti ad eccezione di una stretta scala a chiocciola che dalla camera della contessa conduce ai piani inferiori.       

(Fernando Pallocchini)  2004

26 gennaio 2017

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