Il rosso fiore della violenza XXIX puntata

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Prima conferenza stampa

La sala delle conferenze della Questura di N, lunga e stretta, dalle pareti disadorne, con ampi finestroni luminosi, e quasi spoglia di suppellettili, era gremita di giornalisti. Un brusio fitto fitto s’intrecciava alle volute di fumo azzurrognolo di decine di sigarette accese e nervosamente consumate. Tutti aspettavano con ansia il Questore e il Commissario Sirtori i quali dovevano informare la stampa sull’attentato alla sede del quotidiano cittadino a causa del quale otto dipendenti giacevano in ospedale per ferite gravi, per non parlare poi dei danni per decine di milioni, causati all’immobile. I funzionari di polizia erano alquanto nervosi per i loro insuccessi nella caccia ai fantomatici terroristi. A nulla erano approdate le retate di presunti fiancheggiatori che erano sempre prosciolti con incredibile rapidità da ogni addebito da giudici frettolosi e politicamente conniventi. I pattugliamenti dei punti strategici della città e delle abitazioni dei parenti e degli amici di soggetti sospetti davano sempre esiti negativi. Gli attentatori sembravano invisibili e inafferrabili tant’era la loro abilità nell’attraversare le strette maglie di quel fitto controllo poliziesco e di trovarsi anche nello stesso momento in posti diversi. Quella nuova violenza politica generava negli inermi e sgomenti cittadini la sensazione di risiedere in una di quelle piccole repubbliche dell’America Latina. Il loro continuo successo e la loro spregiudicatezza, nonché l’incerto futuro ch’essi, sbandierando giornalmente i loro farneticanti comunicati, generavano nei cittadini insicurezza e terrore. Il variegato popolo del tanto decantato “miracolo economico”, credendo d’aver scoperto la formula della vera felicità, voleva godersi in santa pace i frutti dei suoi disonesti guadagni. Da quel momento in poi molti di loro emigrarono nei paradisi fiscali, sparsi per il mondo, per mettere al sicuro capitali e privilegi. L’anonimato dei terroristi aveva poi generato sospetto nei confronti di tutti quelli che si erano lealmente battuti contro l’ingiustizia e la prevaricazione. C’era anche chi s’illudeva che quell’iniziale conato di violenza sarebbe stato facilmente sconfitto e, tra costoro, primeggiava proprio il Questore che non voleva arrendersi all’evidenza dei fatti. Per lui le bombe che scoppiavano nelle banche, nelle sedi dei mass-media o nei palazzi governativi e che mietevano vittime innocenti tra i cittadini, non erano frutto d’un disegno eversivo organizzato ad alto profilo strategico, ma episodi isolati di sparute frange di studenti annoiati e viziati i quali, tutto al più, meritavano non le patrie galere ma i manicomi giudiziari. Egli, seguito dal Commissario Sirtori e da altri funzionari, entrò nella sala, alzando una mano in un breve cenno di saluto: “Buon giorno a voi, gentili signori, vediamo di sbrigarci in fretta perché noi non abbiamo tempo da perdere”. – “Da quando è arrivato in questa città, lei non ha mai avuto tempo da perdere, signor Questore! Non vorrà mica negare il diritto della Stampa d’informare i cittadini su avvenimenti così importanti?” esordì il primo giornalista. “Io non nego alcun diritto a chicchessia, ho semplicemente detto di far presto per urgenti motivi di lavoro, ma non perché io debba recarmi a cinema o in un ristorante”. – “Signor Questore, avete scoperto chi sono questi fantomatici terroristi?” aggiunse il secondo giornalista. “Conosciamo i nomi di alcuni, ma non di tutti, né sappiamo in realtà quanti sono”. – “Ce ne vuole dire qualcuno?” – “No comment”. Rispose laconicamente. “E di Angela Barilatti, la figlia del noto penalista che è scomparsa nel nulla e il cui padre, guarda caso, è stato il primo ad aver subito un attentato da parte di questo fantomatico gruppo, quali novità ci sono?” – “Per quanto ne so io, la suddetta potrebbe essere fuggita con un probabile innamorato segreto. Circa poi la paternità dell’attentato non ci sono prove che possa essere attribuito a questo o a quell’altro gruppo”. – “A me pare che lei è certo che ci sia più di un gruppo in clandestinità”. Intervenne una giovane giornalista dai lunghi capelli biondi e dallo sguardo penetrante. “Io vorrei che non ce ne fosse nemmeno uno”. Rispose il Questore con un lungo sospiro. “Circa la matrice politica avete qualche idea precisa?” – “Se essi mettono bombe negli studi di professionisti dal passato di ex repubblichini o nelle sedi del M.S.I. e si firmano Gruppo di Lotta per il Proletariato, lascio a lei  tirare le conclusioni”. Aggiunse sorridendo il Questore. “Sono da temersi altri attentati?” – “Se facessi parte del loro gruppo lo saprei di certo”. I giornalisti scoppiarono in una fragorosa risata. “Signor Questore, lei è certamente a conoscenza che tra 15 giorni in questa città ci sarà un’imponente manifestazione sindacale dei metalmeccanici le cui delegazioni giungeranno da ogni angolo della nostra Italia. Non teme disordini da parte di eventuali infiltrati in questi gruppi? E se così fosse, sono state prese misure idonee  per far fronte ad una tale evenienza?” Chiese un altro giornalista. “La manifestazione si farà, l’autorizzazione è già stata concessa. Circa la possibilità che ci siano infiltrati, è probabile. Noi a buon conto abbiamo fatto giungere rinforzi sufficienti da altre città”. – “Signor Questore, non sarebbe più prudente annullarla?” Consigliò la giornalista bionda. “Non sarebbe possibile per due motivi: il primo è che lo Stato non deve mostrare   debolezza davanti a quattro ragazzacci che hanno il prurito di giocare a fare la rivoluzione, il secondo è che i disordini che scatenerebbero le confederazioni sindacali a causa dell’annullamento, sarebbero ben peggiori”. –  “Perché li definisce “ragazzacci?” Chiese a bruciapelo un giornalista di un quotidiano di sinistra. “Che cos’altro vuoi che siano costoro, se non hanno il minimo tentennamento a mettere a repentaglio la vita di tanti innocenti?” – “A parte il fatto che metto in dubbio che ci siano innocenti in questa società borghese, capitalista e corrotta, io giudico questi ‘ragazzacci’ come lei li chiama, leali combattenti per una giusta causa!” – “E lei lo sa che sta rischiando una denuncia per apologia di reato?” Rispose il Questore irritato, con l’incauto giornalista che rinculò verso il fondo della sala. La conferenza stampa si chiuse con commenti accesi tra i giornalisti che, uno a uno, uscirono per correre a scrivere il pezzo per i rispettivi giornali.            

continua

09 dicembre 2016 

 

 

 

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