Il pane quotidiano

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Il pane è conosciuto ormai da secoli come alimento che fa parte della nostra vita . Oggi , seppure un po’ inflazionato, non ha perso il suo grande valore, anzi forse ha assunto una maggiore considerazione. Prima di addentrarmi  nei minimi particolari di come si può fare il pane “in casa”, da mie modeste conoscenze, rapidamente ne descrivo una traccia. Poi, a completamento, mi permetterò di dilungarmi in disquisizioni interessanti. La panificazione inizia dalla buona farina tipo 0 ,con “pasta madre” e con buona acqua tiepida. Raggiunta una amalgamazione totale, si porrà parte della massa, circa 200 gr.,in un contenitore di vetro a chiusura ermetica che servirà per la prossima panificazione. Con la massa, invece, si formano pagnotte di diverse dimensioni, ponendole a lievitare su tavola di legno, coperta da un telo di cotone e una copertina. Una volta raggiunta la lievitazione, si inforna alla temperatura di 200° per un’ora. Il pane sarà pronto per la consumazione solo il giorno dopo. Ora, invece, è davvero importante venire a conoscenza di particolari interessanti da rispettare in assoluto, per non rimanere delusi del risultato. Nella descrizione di cui sopra si nominano soltanto questi tre   ingredienti  essenziali : farina  tipo 0, acqua e lievito madre. La farina deve risultare possibilmente da una produzione recente e fresca, da grani buoni, non intrisi di concimi chimici né da colture speculative da reingrani. Ottima quella prodotta a pietra. L’ acqua ,anch’essa, buona, né clorata, né carica di carbonato di calcio, priva di sali di altro genere. All’uso deve avere sempre, in ogni caso, una temperatura intorno ai 25°-30°. Lievito madre. Qui inizia la conoscenza peculiare del lievito madre. Esso è un dono eccezionale della natura rappresentato principalmente dal saccharomyces  lypsoideus e dal  saccharomyces cerevisiae. Il primo scienziato che li ha identificati e riconosciuti come creature viventi è stato Louis Pasteur . Esaminiamo il primo, il lypsoideus: è presente costantemente in natura, alloggia  in-torno ai chicchi dell’uva, alle susine e altra frutta. È un formidabile trasformatore di edulcoranti, in particolare del glucosio, dalla nota formula C6H12O5, ma non disdegna altri zuccheri, come il saccarosio che ha soddisfatto, con la sua generosità , i vinificatori poco onesti che vogliono arricchire il vino con grado alcolico maggiore, senza sapere che , così facendo, si rendono complici d’un reato. Infatti  il saccarosio ha la formula chimica C6H12O6, una molecola in più. Ma torniamo al tema che ci interessa: il lievito naturale o pasta madre. Per ottenerlo si inizia a mescolare circa gr.200 di buona farina con acqua ( buona ), alla temperatura di 25°-30°, si scioglie nell’impasto un cucchiaino  di  miele  con un poco di olio extravergine di oliva, si lavora l’insieme fino a formare un piccolo agglomerato consistente, non appiccicoso, da riporre in un contenitore di vetro o ceramica, coperto  da un canovaccio di tela bagnato, facendo riposare per almeno 48 ore. Perché sciogliere un cucchiaino di miele? perché proprio il miele contiene il 30% di glucosio. Trascorse le 48 ore, si addizionano al panetto la  farina e l’acqua quanto basta da formare un nuovo consistente panetto, tornando a riporlo dove starà per altre 48 ore. Alla fine si può provare un ulteriore arricchimento, aggiungendo qualche cucchiaio di manitoba, una farina ad alto contenuto di glutine. Far riposare ancora per un po’ e il ceppo di lievito madre finalmente è pronto. A questo punto si può provare a far lievitare, con il nostro panetto, una certa quantità di farina. Ricordarsi allora che, per avere successo, per fare lievitare un composto di farina di 1 kg. sono necessari almeno 140 gr. di lievito madre. La temperatura dell’acqua deve avere un calore di non meno di 30°, meglio 35°, non di più. L’impasto deve avvenire in un ambiente riscaldato a 25°. Per ottenere un buon risultato è importante rispettare tali indicazioni poiché la lievitazione, seppure buona, è molto lenta. A volte impiega ore. Questa lentezza scoraggia molti che vorrebbero provare. In aiuto e per ovviare a questo inconveniente mi permetto, da mo-desto amante del pane, di consigliare di ricorrere all’altro saccharomyces  lievitante: il  cerevisiae. Il saccharomyces cerevisiae è ottenuto attraverso la coltura di ceppi microrganismi di cellule vive con funzione di esseri  viventi. Si tratta del lievito di birra. Tale suggerimento costituisce quasi un segreto, da pochi applicato in questo contesto. Il ricorso al secondo sacchromyces serve molto per ridurre il tempo di lievitazione del pane a circa 2 ore.

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Procedere così: prima di intraprendere il lavoro di impasto iniziale con lievito madre, sciogliere, a parte in una ciotola, il lievito di birra in acqua tiepida, insieme a 2-3 cucchiai  di  farina, pochi grammi di lievito di birra, in rapporto alla massa di farina da impastare con il pane. Appena è pronto questo nuovo preparato, (e questo sarà evidente dal momento che il volume quasi si raddoppierà), iniziare l’impasto con il lievito madre aggiungendo, gradualmente, poca farina e poca acqua calda, fino a ultimare tutti gli ingredienti. Non eccedere con l’acqua poiché il risultato deve essere morbido, non appiccicoso (ricordo che una volta questa operazione veniva svolta, in genere, in casa, dalle donne ed è veramente meraviglioso pensare che le loro mani pazienti trasformassero questo impasto di acqua e di farina quasi in una vellutata carezza). Rivoltare la massa ottenuta più volte perché l’ossigenazione è in dispensabile ai lieviti che emettono in seguito anidride carbonica CO2 che formeranno quegli alveoli spugnosi che la renderanno soffice. In sostanza abbiamo chiamato a collaborare alla lievitazione tutti e due i saccharomices interessati. Terminato l’impasto sopra descritto si deve prelevare da questo un buon pugno di impasto e porlo in vasetto di vetro di capacità di almeno 1 litro, ermeticamente chiuso, che costituisce il lievito madre per la prossima panificazione. Questo continuerà a lievitare a vista nel contenitore. Il forno deve avere un calore di 200°. Una volta inforna-to il pane, la temperatura scenderà a 180°, entro un’ora tutto sarà pronto. Volendo, con la massa da cuocere si possono inserire nel forno uno o due contenitori di metallo con acqua, in modo che l’evaporazione raggiunga la parte esterna del pane, e formare così una crosta friabile. Una volta cotto, il pane deve essere posto a raffreddare per almeno 24 ore, in modo che, nel suo interno, si restituiscano tutti gli elementi eccezionali contenuti nel pane. Il pane si manterrà morbido per giorni entro sacchetti di cotone ben puliti. Ho omesso nella descrizione l’uso del sale , perché preferisco quello “sciapo” alla toscana. Il lievito madre, quello contenuto nel vasetto di vetro, dopo una settimana, incomincia  a perdere la sua vivacità. Per renderlo efficace addizionare nel vasetto un cucchiaio di farina con acqua tiepida e mescolare. Non so se vi ho annoiati ma è vero che conservo in me un pensiero particolare per il pane, pari a quello della vita. Fatemi ripetere: Signore dacci oggi il nostro pane quotidiano. Provate a cimentarvi con la ricetta e fatemi sapere se ci siete riusciti.

20 agosto 2016

 

 

 

 

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