Fondemajó

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Fontemaggiore, per i maceratesi Fondemajó, fu realizzata nel 1326 dai fratelli Marabeo e Domenico ed è stata il più importante serbatoio d’acqua della città. Eh sì ! Della città! perchéla fonte, allora, stava all’interno della cinta muraria maceratese. Quando venne fatta furono sistemati sul prospetto sei stemmi, tra cui San Giuliano a  cavallo, il blasone cittadino e l’anno di costruzione. Poi, nel 1404, Francesco Sforza ne curò il restauro e fece abbattere la cinta muraria esterna per cui la fontana rimase al di fuori del centro cittadino. Nel 1695 Domenico Antonio Giosafatti di Cingoli ebbe l’incarico di restaurarla. Le cronache narrano che usò settantacinque piedi (un piede sono circa 38 cm) di pietra, portati dalle montagne cingolane, e ben cento libre (una libbra sono circa 435 gr) di piombo servirono per sistemare le varie tubature. L’andirivieni dei cittadini per attingere acqua era continuo visto che l’acquedotto ancora non esisteva e quindi Fontemaggiore assicurava il prezioso liquido alla città. Nel 1735 fu poi ripulita e venne costruita una nuova vasca, a lato della fonte, da usare come lava panni. A questo punto la fonte diventò l’antenata della “cronaca locale”. Immaginate quando si incontravano le lavandaie e le contadine, che qui si toglievano gli zoccoli e li appoggiavano sul muretto dietro la vasca per indossare le scarpe che portavano solo per andare in città. Le campagnole erano avide di sapere ciò che succedeva in città e le lavandaie, che proverbialmente erano prodighe nel dire, a loro volta volevano conoscere  ciò  che  succedeva  in  campagna. Naturalmente tutta la cronaca era ampiamente “ricamata” e “imbellettata” dalle potenti lingue delle nostre donne che, lavandaie e contadine, facevano a gara a chi ne diceva di più e a chi le sparava più grosse. La cronaca locale odierna è solo un modesto accenno di ciò che le nostre brave “madri di famiglia” sapevano fare costruendo una paginetta, orale sì, ma non meno ampia e arzigogolata del foglio di un giornale di oggi. Nello stesso periodo dell’ultimo restauro lo scalpellino Gregorio Stefanucci ebbe l’incarico di abbellire la “Fontemajó” con tre piramidi sormontate da tre sfere che i maceratesi, splendidi atleti della parola, definirono subito come l’emblema dei poveri cittadini che, non potendone più di sopportare le scaramucce e il susseguirsi dei vari “papaveri” al comando della città, invece di due, adesso, ce ne avevano tre e tutte belle grosse e pronte a scoppiare da un momento all’altro! Nei primi del ‘900, per conservali meglio, gli stemmi furono staccati e messi all’ingresso della Biblioteca comunale. In tempi più recenti la Fontemaggiore è stata, per tanto tempo, la meta delle scampagnate di Pasquetta e del primo maggio dei maceratesi che ci trascorrevano, mangiando, ballando e giocando, l’intera giornata facendo così la “scampagnata fuori porta”. L’ultimo restauro è degli anni ‘80 del ‘900. Oggi la fonte è meno frequentata e la via della Fontemaggiore è diventata il solo parcheggio gratuito rimasto a ridosso del centro di Macerata e come tale è sempre piena di macchine. Chissà che dirà il nostro manufatto, uso per secoli ad assistere alla vita vera della gente, oggi, che delle persone sente solo il suono dei clacson e le parolacce di chi, con un parcheggio a matto, ha preso una “bella e ricca” contravvenzione?

Cesare Angeletti

foto Cinzia Zanconi

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