Il rosso fiore della violenza XXIV puntata

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La sorpresa fu tale che nessuno dei presenti ebbe il coraggio di fare il più piccolo gesto di reazione. Nel silenzio più assoluto ognuno operò secondo istruzioni precise: furono tagliati i cavi del telefono, Angela con lo spray scris-se slogan politici di estrema sinistra, Katia e gli altri svaligiarono gli schedari e la cassaforte della sezione. Alberto, dopo aver chiuso i missini presenti nel gabinetto, collocò e innescò personalmente la bomba a tempo, e misero anche delle bombe Molotov nei vari ambienti per potenziare l’incendio. Per fortuna in quella loro prima azione non ci furono vittime e tutto si risolse in un grande spavento per i malcapitati i quali furono salvati dalle fiamme proprio all’ultimo momento. Al rientro nella base segreta il gruppo era eccitato ed euforico per la perfetta esecuzione dell’attentato. Più eccitata di tutti era proprio Angela che assaporava l’euforia della neofita che scopre in sé capacità insospettate. Bevvero e fumarono spinelli. A mano a mano che il tempo trascorreva un piacevole senso di abbandono pervase la ragazza e una tenerezza profonda e struggente s’impossessò di lei. La vicinanza di Alberto acuì il suo desiderio e quando le labbra di lui si posarono sulle sue, lei non ebbe più coscienza dei suoi atti; percepiva soltanto un turbine di sensazioni struggenti e piacevoli. Quel suo sogno, tanto intensamente e tanto a lungo vissuto nella sua mente, finalmente si realizzava. Lei non si avvide che tutto il gruppo partecipava alla realizzazione di quel suo sogno. Quando la mattina dopo si svegliò i suoi pensieri cominciarono ad avere una consistenza di piombo: un feroce mal di testa l’angustiava. Si ritrovò nuda e sudata in mezzo a tutto il gruppo: ebbe un brivido di freddo e di vergogna insieme e stentò a raccogliere i suoi indumenti per coprirsi. Non riusciva a formulare un pensiero coerente, il suo sguardo si appuntava ora sull’uno ora sull’altro dei presenti, come se stentasse a riconoscerli. Si sentiva affranta. Un senso di nausea le stringeva lo stomaco e non sapeva se per vergogna o per malessere: “Per favore Katia, dammi un bicchiere d’acqua”. Chiese alla fine, quando mise a fuoco le immagini dei presenti. “Non ti spaventare, fa sempre di questi scherzi lo spinello, quando  lo  si  fuma  per  la  prima  volta.” – “Dov’è Alberto?” Chiese quando si rese conto che non si trovava nell’androne. “È dovuto uscire per un appuntamento, ma ritornerà presto. Brava Angela, sei stata veramente brava ieri sera, quasi una professionista!” La ragazza non l’ascoltava più: i suoi pensieri cominciavano ad avere un senso e cercava perciò di recuperare le emozioni e i ricordi confusi della notte precedente, ma non ci riusciva. Erano sensazioni che si rifiutavano di lasciarsi mettere a fuoco. Alla fine ci rinunciò e, tenendosi stretta la testa tra le mani, stette così finché Alberto non rientrò. Appena lo vide lei saltò in piedi e gli corse incontro per abbracciarlo, ma lui la scansò, dicendole: “Stai buona Angela, c’è il tempo per l’amore e il tempo per il lavoro e noi adesso dobbiamo lavorare”. Angela rimase impietrita e non ebbe né la forza, né il coraggio d’abbozzare la benché minima reazione. Si appartò in un angolo come una scolaretta in castigo. Aveva voglia di piangere, ma si sforzò di non farlo per paura di scatenare una reazione di Alberto ancora più violenta. “Compagni, lo scopo che c’eravamo prefissi è stato pienamente raggiunto. La stampa borghese è sotto choc per quello che essa giudica un audace blitz d’ignoti terroristi”. La nostra guerriglia deve sempre essere audace, precisa ed efficiente. Non dobbiamo assolutamente dar modo alla borghesia reazionaria di ragionare e di parare i colpi. La polizia brancola nel buio e certamente non sa dove cercarci, né come. Ma non m’illudo che questo nostro vantaggio duri all’infinito: prima o poi si riorganizzerà e tenterà con ogni mezzo di neutralizzarci. Quindi nostra meta sarà quella di raggiungere il massimo degli obbiettivi strategici che ci siamo prefissi e poi sloggiare in fretta per andare a operare in altre zone più tranquille. Nostro campo d’azione saranno le grandi città. Io confido nella forza dell’esempio e presto nuovi compagni si assoceranno a noi per conseguire la vittoria finale. Noi, con le nostre azioni, dobbiamo gettare il Paese nel caos, creare un senso di profonda sfiducia nelle istituzioni conservatrici, corrotte e violente; dobbiamo convincerli ch’essi non hanno sicurezza sufficiente da parte delle loro forze di polizia. I prossimi obiettivi da colpire saranno le sedi dei giornali e delle televisioni: dobbiamo costringere i giornalisti a parlare di noi il più possibile e il più a lungo. Gli organismi burocratici statali e i loro servi devono sentirsi braccati e provocare così caos e insicurezza nelle cinghie di trasmissione della macchina statale. Le forze armate e i loro presidi più alti e più importanti saranno da noi costretti a dichiararci una guerra che li costringerà a riconoscerci come nemici belligeranti con uno status politico e giuridico preciso: a questo proposito chiunque di noi verrà catturato  si dovrà dichiarare “prigioniero politico” e non dovrà collaborare in alcun modo con loro. Tutto il nostro programma dev’essere realizzato entro l’anno in corso. La borghesia si ricorderà a lungo di quest’anno 1973 come l’anno più funesto per la sua rovina politica e sociale. Ogni nostra azione sarà rivendicata con una telefonata a un organo di stampa o con bollettini di guerra dattiloscritti e con il nostro contrassegno, la stella a cinque punte. Il prossimo colpo consisterà nel far saltare in aria la sede d’un giornale locale: l’azione, che non presenterà rischi eccessivi, sarà eseguita dalle compagne Katia e Angela.                                                         

continua

 

 

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