L’onda che entra nel porto

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di Medardo Arduino

 terremoto e tsunami creta 315

Anno Domini 365 d.C, da più di un secolo l’impero Romano vive una dicotomia: da un lato il potere militare è affidato a imperatori che in realtà sono solo dei generali nati un po’ dappertutto, cresciuti nell’esercito e che di quello soltanto si interessano, dall’altro lato la classe senatoria che da sempre a Roma gestisce leggi e potere politico ed economico di un impero ancora ben legato da cultura e interessi economici. Nella storia leggiamo delle battaglie dei molti imperatori-generali, dei barbari che premono ai confini e una certa confusione nei continui riassetti dell’esercito. È questo lo scenario che precede la catastrofe che la storia non ha valutato, ma che dividerà l’Impero: lo tzunami provocato dal sisma di 8,5 Richter del 21 luglio 365 a Creta poi seguito da un “cluster” di terremoti nel quarto di secolo successivo (circolato dal dott. A.Manni). È solo all’inizio del nostro millennio (1650 anni dopo) che i geologi si mettono a studiare per bene questo evento che è stato a mio avviso il colpo di grazia che innescò la fine dell’unità dell’impero romano producendo nelle situazioni di fatto e non sugli editti, la separazione dell’impero d’oriente da quello d’occidente. Anche se ne hanno scritto cronisti contemporanei al fatto e altri continuatori, la catastrofe è passata inosservata, tanto quanto le sue conseguenze. La sismologa B.Shaw ha pubblicato nel 2008 una ricostruzione computerizzata degli effetti di questo tzunami provocato dal sisma dell’isola di Creta, che produsse onde alte anche 12 metri che colpirono tutte le coste del mediterraneo sud-orientale nel giro di un paio d’ore. Anche se l’evidenza delle stratigrafie costiere dimostra con sicurezza l’evento, le onde prodotte dai sismi non sono mai state valutate dai nostri storici nella loro capacità distruttiva: tant’è che il fenomeno ha un nome giapponese. Ammiano Marcellino, storico vissuto a quei tempi ad Alessandria d’Egitto, descrive lo stesso fenomeno che abbiamo visto alla tv in occasione del sisma di Giava o di Fukushima: le onde del mare si ritirano profondamente per poi ritornare a invadere la costa con la loro forza distruttrice. Ne parlano anche lo storico Bizantino Cedreno nel X sec. e all’inizio del secolo scorso lo riporta il sismologo Baratta. Il maggior effetto distruttore di questo fenomeno fisico è ben espresso dalla definizione giapponese di onda che entra nel porto: lì sono ormeggiate le navi e ci sono i cantieri navali. Un’onda alta 12 metri porta con sé i “natanti” depositandoli poi nell’immediato entroterra come “relitti”. Una barca pesante di legno letteralmente si “sfascia” quando trascinata sulla terraferma e non è più recuperabile. Insieme con gli abitanti costieri che sono accorsi al mare a vedere lo strano fenomeno, periscono gran parte degli addetti ai lavori: marinai e cantieristi, cosicché in un giorno solo la marineria mediterranea è decimata e sono interrotte tutte le comunicazioni e gli approvvigionamenti. La storia non l’ha riportato perché a mio avviso il disastro non è stato percepito nella sua ampiezza: l’assenza di rifornimenti a Roma (dall’Egitto arrivavano 700 tonn. di grano l’anno) si è subito fatta sentire e ha richiesto azioni immediate e certo scoordinate perché la distruzione degli abitati costieri ha annullato le comunicazioni. L’effetto della dicotomia fra aree rifornibili via terra (Costantinopoli fu poco interessata dallo tzunami) è evidente proprio nella divisione forzata fra l’accessibilità alle risorse alimentari della porzione levantina del mediterraneo rispetto alla penisola italiana. Inizia proprio in quel periodo la più cruenta invasione di “barbari” quali i vandali, che a mio avviso furono in realtà la memoria “romanzata” delle bande di sciacalli razziatori di ciò che era rimasto nell’entroterra. In quel periodo Valentiniano, al culmine della crisi, sposta la capitale (proprio la capitale non la sede del comando) da Roma a Milano e rivolge la sua attenzione solo alle province del nord. Valentiniano è l’imperatore che compensa i suoi combattenti “troiani” non con moneta ma con l’esenzione fiscale cioè la “franchigia”(cfr il mio saggio Francos la storia da riscrivere). Ho cercato di leggere dove si spostò il potente Senato romano, ma non ci sono fonti affidabili, salvo quelle che parlano dei trasferimenti di ricchissime famiglie senatorie dall’Italia alla Palestina e sul Bosforo. Per ricostruire la marina mercantile occorsero molti decenni e soprattutto investimenti e maestranze scarsamente reperibili in mediterraneo. È stata l’occasione per gli armatori arabi a impiantarsi sulle coste sud mediterranee, prima con l’attività mercantile poi, poco più di un secolo dopo, con la conquista territoriale.

 

 

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