La torre del boia

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Un angolo caratteristico descritto da Luigi Pirandello

in “Il piacere dell’onestà”

di Cesare Angeletti

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Probabilmente, o quasi sicuramente, a sapere che a Macerata c’è la “Torre del boia” sono solo quelle persone che hanno letto il bellissimo libro di Fernando Pallocchini (l’autore ringrazia…) che, fra le altre particolartà storiche della nostra città, ha scritto anche di questo torrione. È una piccola fortezza che si eleva sulle mura medievali proprio davanti la Chiesa dell’Incoronata (o di San Liberato ) nei luoghi della passeggiata pirandelliana. Ah! Non lo sapevate? Nella nostra città c’è anche questo tratto di strada reso famoso ed è la via dei Sibillini che unisce Porta Montana (detta anche Porta Convitto) a via degli Orti. È stato fatto descrivere da Pirandello ne “Il piacere dell’onestà” da uno dei protagonisti il quale racconta a un amico quanto si osserva passeggiando lungo quel percorso. Lo scrittore, infatti, conosceva bene Macerata perché la frequentava spesso ed era rimasto incantato dal panorama che si gode affacciandosi li, da quel puno delle mura. Ma torniamo alla torre, dove c’è una camera di circa quattro metri per quattro chiusa da una robusta porta. Gli storici ci dicono che quello era il locale dove il boia teneva la sua attrezzatura per montare il patibolo per poi svolgere il suo lavoro. Alcuni ipotizzano anche che, avvenendo le esecuzioni all’alba in piazza Mazzini, il boia, portandosi una manciata di paglia, nella stanza ci facesse anche il giaciglio per passarvi la notte. Ma perché proprio sulle mura, quasi fuori mano? Ebbene.. perché il boia era utilissimo in quanto consentiva ai signori nobili, che esercitavano il diritto di vita o di morte, di eliminare, oltre ai criminali, quanti erano d’intralcio ai loro piani, dando così anche un monito a tutti quelli che la pensavano nello stesso modo. Machiavelli nel “Principe” suggerendo, a quello che riteneva essere il candidato ideale per tale onore, ciò che doveva fare, scrive, fra l’altro: ”Se un nemico ti da fastidio… spegnilo!”

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I nobili, padroni assoluti, usavano questo loro suddito, il boia, nel modo che ritenevano, bontà loro, fosse il migliore per eliminare qualsiasi ostacolo si frapponesse al proprio volere. L’esecuzione avveniva nella piazza del mercato, oggi detta Mazzini, sull’angolo dove finisce la Piaggia della Torre (oggi c’è la fontana con la lumaca) e i nobili e tutta la gente della città e del contado assistevano alla esecuzione. Se a morire fosse stato uno che aveva commesso un crimine la questione si esauriva li, con la sua morte ma se a essere cliente del boia era uno che aveva, in qualche modo intralciato la strada del signore, beh, allora, nei giorni successivi, erano molti quelli che si facevano un esame di coscienza e che, visto e ben considerato l’esempio, se prima non la pensavano come il padrone, dopo, quasi certamente, stimavano fosse meglio cambiare opinione. Il boia in quel periodo era cosiderato un personaggio estremamente necessario, quasi come una medicina amara da somministrare ai riottosi per curarli… definitivamente, ma anche un soggetto che era meglio non avere tanto vicino. Per cui veniva relegato, discosto, addirittura sopra le mura di cinta.

 

Foto Cinzia Zanconi

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