Stevino e le leggi dell’economia globalizzata

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di Abbo da Lucenova

 vasi

Oggi c’è un gran fermento politico intorno ai problemi della crisi economica che attanaglia il mondo occidentale in genere e in maggior misura le economie Europee. Si parla di crescita, stagnazione, recessione dando a questi fenomeni economico finanziari sempre le stesse spiegazioni che non portano a nessuna conclusione e soprattutto a nessun miglioramento. Lo scenario sociale Italiano e anche Europeo sembra un cortile di fattoria dove gli animali d’allevamento si azzuffano per spartirsi quel poco che un’entità superiore: l’economia mondiale, sta concedendo loro. La vecchia Europa sta scontando da un ventennio la decisione dei vertici della Repubblica Popolare Cinese di abbracciare i principi dello sviluppo capitalistico, aprire le frontiere commerciali e dare sfogo nel modo più sfrenato alla “globalizzazione”. Sembrava una bella cosa, perché il volano economico occidentale poteva permettersi di spostare lavoro e capitali dove era più conveniente, esattamente come fece dopo l’ultima guerra con Giappone e Taiwan, ma lì il bacino eco-nomico era molto piccolo in raffronto a quello dell’ occidente e la saturazione delle risorse produttive ha prodotto senza grandi traumi l’innalzamento veloce del cosiddetto benessere distribuito portando a un rapido adeguamento dei costi di produzione sulla curva domanda offerta, “livellando” i valori dei guadagni percentuali a quelli dell’occidente. Nel volgere di poco più di un quinquennio iniziato circa alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, i prodotti di queste due economie sono passati da quelle della produzione ad alto contributo di manodopera a quelle delle alte tecnologie, esempio ne sia che l’industria cantieristica pesante e navale si è spostata verso le economie allora depresse dell’estremo oriente quali la Corea, la Thailandia e poi il VietNam. Ho cercato di spiegarmi il perché di questo fenomeno legato all’ossessivo ritornello della globalizzazione e proprio perché i “bacini economici” hanno similitudini comportamentali con quelli idraulici mi è tornato in mente il principio di Stevino dei “vasi comunicanti”. Il principio è semplicissimo, intuitivo e non necessita di spiegazioni sul comportamento dei fluidi sottoposti alla forza di gravità, si enuncia con poche parole: in un sistema di vasi tutti aperti in alto e tutti comunicanti fra loro, il livello di un liquido si disporrà all’interno di ognuno alla stessa altezza, indipendentemente dalla forma e dalla sezione dei vasi stessi. Un piccolo particolare che perfeziona questa legge generale è quello della “capillarità” o dell’attrito superficiale del liquido sulle pareti dei vasi, anche questo intuitivo: più è stretto il passaggio e più fatica farà il liquido a passare nel vaso capillare, alterando apparentemente la legge stessa. Saltiamo ora a un altro liquido che però si comporta allo stesso modo: “la liquidità” economica ovvero il danaro che si può spostare come l’acqua se non è posto in opportuni “contenitori”. Nella globalizzazione, il danaro da investire in produzione di beni di consumo, sgue la legge dei “vasi comunicanti”: andrà cioè naturalmente a fluire verso quei vasi o bacini economici a basso costo delle risorse produttive, perché il dislivello con i vasi pieni ovvero i bacini di consumo, consente un alto margine di profitto quando il prodotto della liquidità ovvero le merci viene consumato dove il livello del vaso è alto e altrettanto lo è la conseguente disponibilità economica distribuita (benessere generale dato dal potere d’acquisto della valuta). Teniamo pure conto degli “attriti”, ma è solo questione di tempo e si raggiungerà in tutto il mondo nessun paese escluso, nei costi di produzione ovvero nelle remunerazioni delle risorse umane produttive il minimo livello (la sola cosa che richiede da-naro, oggetto virtuale, è il lavoro umano, gli alberi o le miniere non ingoiano banconote per dare a noi i loro prodotti) ma questo toglierà nel contempo quel livello di benessere che alimenta i consumi quindi la ricchezza di chi dai consumi preleva liquidità finanziaria, causa l’abbassamento del livello nel vaso quindi del potere d’acquisto ovvero dei consumi prodotti dal lavoro. La dimensione del “bacino economico” è quella che definisce il tempo di livellamento: più è grande il “vaso” e più veloce e quantitativamente importante è il passaggio delle liquidità da vasi pieni al vaso quasi vuoto. La cosiddetta finanza ha creato fra i vasi reali ovvero i bacini economico produttivi anche un vaso “virtuale”, cioè quello delle riserve economiche improduttive. È intuitivo che Cina, India, Brasile sono dei bacini enormi e finché i bacini a più alto battente non si saranno livellati a quelli, continuerà l’emorragia di liquidità. Cosa fare per controllare questo processo, evitando gli scompensi che il sistema sregolato dei vasi comunicanti sta producendo sui movimenti di liquidità e sugli assetti sociali più evoluti? A parer mio la ricetta è semplice e basta cercarla nelle leggi fisiche dell’idraulica: si chiama “strizione” o sezione capillare. Se si applicano delle strizioni capillari alle basi dei vasi comunicanti, il flusso sarà notevolmente rallentato, ma questo procurerà una perdita notevole di profitto per quei grandi serbatoi di liquidità che sono i colossi finanziari, costringendoli per la loro stessa sopravvivenza a introdurre dall’alto e non a spostare dal basso le liquidità da cui traggono profitti, che per non “evaporare” sono immediatamente reinvestite, ma quasi sempre in beni di rifugio improduttivi. C’è un solo mezzo economico, che può agire da strizione capillare nei movimenti fra i vasi comunicanti della globalizzazione economica: un vecchissimo istituto detto “dogana”: che sia esplicita come una tassa di importazione o mascherata da divieti d’importazione a vario titolo o dalla limitatezza del personale degli uffici per le pratiche di importazione (nafta docet), l’introduzione di dogane per i prodotti di consumo alle frontiere di bacini economici storicamente consolidati (tipo U.E.) permetterà la permanenza delle liquidità in bacino ossia un maggior benessere dato dalla competitività delle produzioni interne di sistemi che si stanno disidratando. Mi direte: e cosa ne viene al capitale? Semplice, siccome il potere d’acquisto dei vasi a basso livello è forzatamente basso, se si riprende quella dei vasi controllati da strizioni capillari il conto globale sarà lo stesso, con una comunque equilibrata crescita universale del benessere dovuta appunto alla comunque attiva comunicazione fra i vasi e alla necessità di contenere l’evaporazione dei capitali con investimenti in attività produttive equilibrati in tutti i bacini. Cosa non sarà così veloce sarà invece il drenaggio di liquidità da attività produttive che il “vaso “ virtuale del capitale astratto (quello investito in rendite improduttive come quella fondiaria o della speculazione finanziaria) esercita essendo inserito questo grande vaso nei condotti di intercomunicazione delle liquidità finanziarie. Questo oggi è un vaso di solo accumulo perché è inserito in circuito con una valvola unidirezionale che lascia entrare ma non uscire. Quando il livello fra i vasi comunicanti sarà perfettamente uguale non ci sarà più flusso e il serbatoio dei capitali liquidi non sarà più rifornito, dovrà per sopravvivere reinvestire nel lavoro, starà a chi scrive le regole cioè le leggi e i trattati ricordarsi che

1 – le bare non hanno le tasche;

2 – l’universo può vivere anche senza il genere umano;

3 – madre natura ha disposto meccanismi lenti di evoluzione e non possiamo cambiarli;

4 – ogni attentato a queste immutabili regole (oggi si chiamano ecologia) comporta un attentato alla qualità di vita anche presente, non solo futura.

5 – il nostro mondo non è nostro ma i nostri figli ce lo lasciano in custodia per riaverlo quando adulti e così via.

 

Il principio

dei vasi comunicanti

secondo Guano di Piazza

 

Interessante la teoria del dr Abbo che potrebbe trovare una applicazione pratica a Roma. Più precisamente a Montecitorio, che per i veleni contenuti potrebbe anche essere rinominato in “Montecicuta” e, dopo la sua purificazione, riconvertito in “Montecicoria”, commestibile affine alla rucola decisamente meno dannoso. Dunque… attraverso grandi canalizzazioni, grandi per velocizzare i tempi di riuscita, sarebbe da collegare il piano terra di Montecitorio con il piano terra di Palazzo Madama (notare che entrambi hanno il “tutto pieno”): è questa una prima fase della ridistribuzione dei “liquidi”, che avviene pareggiando i contenuti delle due strutture statali. La seconda fase prevede l’apertura delle porte (di Montecitorio e di Palazzo Madama) affinché per il principio dei vasi comunicanti i liquidi si ridistribuiscano sul territorio italiano da cui sono stati precedentemente succhiati. Il vero problema che i tecnici preposti all’operazione dovranno risolvere sarà la realizzazione e il posizionamento di filtri micrometrici da applicare in ogni pertugio da cui possano fuoriuscire i liquidi, per filtrarli in modo che non possano uscire e propagarsi i parassiti…

 

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