IL PALAZZO COMUNALE

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Tratto da Macerata tra storia e storie

di Fernando Pallocchini

Palazzo-Comunale-2

Restiamo in piazza lasciando il buon frate a curarsi le ferite e i suoi compaesani lieti per lo scampato pericolo, almeno per il momento perché poi infurierà la battaglia contro il conte Luzzo dalla parte di porta San Giorgio e contro il Rinalduccio da Fermo dalla parte opposta, all’inizio della piaggia della Torre, laddove all’epoca stava la Porta Mercato, e diamo uno sguardo al Palazzo comunale.

 

Storia atipica è quella della sede comunale di Macerata, la più “giovane” città delle Marche. Conseguita la libertà comunale nel 1138, consoli, priori, podestà non ebbero una sede fissa finché, nel 1286, fu costruito, su progetti di Bartolomeo di Bonfiglio da Forlì, il primo palazzo priorale, posto sul lato nord dell’attuale piazza della Libertà. Quando poi, nel 1445, la città divenne sede dei Cardinali Legati della Marca, questi governanti s’insediarono in una parte della costruzione, finché sullo scorcio del XV secolo il cardinale Battista Orsini estromise i priori dal palazzo per cui se ne dovette costruire un altro, di fronte al precedente. Nel 1540 l’edificio divenne sede della neo-eretta università ospitando, oltre ai priori, il mattatoio e gli uffici della dogana (il dazio). L’affluenza davvero notevole di studenti fece sì che, nel 1604, fu necessario costruire alla sommità della piazza e su disegno di Lorenzo Gavagni, architetto di Santa Casa, il “palazzo dello studio”, (oggi sede del municipio). In tal modo si pensò di risolvere il problema. Ma quando nel 1663, dietro le pressioni del Governatore della Marca, monsignor Agostino Franciotti, si praticò nell’interno dell’edificio il nuovo teatro, realizzato su disegni dell’architetto teatrale Palazzo-ComunaleGiacomo Torelli, il problema si ripresentò. Nel 1665 si trasferirono definitivamente gli uffici comunali nel “Palazzo dello studio”. Nel secolo XVIII la parte anteriore della costruzione minacciò di crollare. Fu consultato Luigi Vanvitelli che fornì i disegni per una nuova facciata che rimasero ineseguiti. Nel 1820 sui progetti dell’ingegnere comunale Salvatore Innocenzi (riveduti dagli architetti Valadier, Stern e Camporesi) il fronte venne ricostruito così come appare oggi. Sopra un basamento a bugne lisce aperto da 5 fornici, si affaccia un lungo balcone dal quale si slanciano le lesene joniche racchiudenti i finestroni dal timpano triangolare del primo piano, mentre quello superiore presenta aperture più semplici. Al centro della facciata un clipeo coronato circonda l’immagine della Madonna della Misericordia, in mosaico, cui la città è dedicata dal 1952. Ciò in contrasto con le lapidi dei pilastri di base, celebranti Giuseppe Garibaldi, Giordano Bruno, e altri. Nell’ampio atrio e nel cortiletto (residuo della costruzione del Gavagni) sono murati vari reperti romani provenienti dalla vicina Helvia Recina e da Urbisaglia, nonché dalla “Domus rusticazionis” romana che sorgeva sulla sommità del colle maceratese. Notevoli una iscrizione in onore di Pertinace (in parte apocrifa), un cinerario etrusco donato dal nobile Livio Aurispa lo scorso secolo e una statua di Esculapio proveniente da Urbsalvia. Dal moderno scalone si sale alla “Sala consiliare”, realizzata su progetto del professor Erminio Lazzaro, che dipinse anche la tela centrale del soffitto con una “Vittoria” liberty (1926). Sempre al primo piano, oltre alla Sala della Giunta, si trova lo studio di rappresentanza del Sindaco, dove si conservano una scrivania “maggiolino” e una grande libreria che la tradizione dice costruite dal patriota-scrittore Massimo D’Azeglio per la figlia Rina, sposa del maceratese marchese Matteo Ricci-Petrocchini, dagli eredi del quale passarono al Comune. Interessante anche uno gnomone, progettato con ogni probabilità dal geografo padre Ruggero Boscovich, situato lungo un corridoio negli uffici della Segreteria Generale. Il secondo piano dell’edificio è interamente occupato da uffici e servizi del comune.

continua

 

foto di Cinzia Zanconi

 

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