Intervista a Medardo Arduino: folgorati sulla via di Damasco

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di Fernando Pallocchini

 medardo arduino e i folgorati sulla via di damasco

Ultimamente si sta muovendo molto rapidamente la vicenda di “Carlo Magno in Aquisgrana” o dei Franchi nel nostro territorio, tanto che la Regione ha finanziato un progetto dell’Università di Camerino, che ne farà la presentazione presso la Camera di Commercio di Macerata. Al riguardo abbiamo intervistato il nostro esperto, l’architetto Medardo Arduino.

Architetto, ha letto la locandina con l’annuncio della presentazione del progetto di ricerca promosso dall’Università di Camerino e patrocinato dalla Regione Marche che si terrà il 13 dicembre alle 11 presso la Camera di Commercio di Macerata?

“Sì, è accaduto un miracolo: alcuni studiosi sono stati, come San Paolo, folgorati sulla via di Damasco!”

Cioè?

“Per capire, devo partire un po’ da lontano. Sapete che dal 2011 mi interesso della storia dell’architettura delle Marche, mia regione di adozione, inizialmente colpito dal fatto che per la storiografia ufficiale non ci sono reperti di cultura materiale architettonica medievale se non in genere dopo il X-XI secolo, essendo la datazione sempre basata sull’esistenza di un documento e guarda caso di documenti prima del X secolo nelle Marche non ce ne sono; mi riferisco ovviamente agli atti notarili e alle concessioni, gli unici sufficientemente affidabili. Dopo aver sperimentato che l’evidenza delle tecniche murarie e delle tecniche di scultura qui non era considerata, mi sono convinto che solo l’analisi scientifica sui materiali unita al contesto tipologico strutturale avrebbe consentito una ridatazione in un periodo non supportato da fonti scritte. Le cronache e le agiografie, tutte riscritte a partire dal milletrecento, non sono affidabili anche se con queste si è scritta la storia”.

Allora che ha pensato di fare?

“Con tenacia ho convinto sia un “tecnico” docente universitario che uno dei Proprietari/Custodi dei beni culturali antichi (l’Arcidiocesi di Camerino), per cui la Commissione per i Beni Culturali Ecclesiastici, nell’accogliere quasi due anni fa (protocollo febbraio 2013) il mio progetto, scrisse per la prima volta su una lettera protocollata “..architetture monastiche d’origine altomedioevale..” riconoscendo una realtà prima negata. Feci una specifica presentazione delle finalità del conf unicamprogetto, patrocinata dall’Archeo Club, a Camerino agli inizi di agosto del 2013 e venni intervistato dal giornalista dell’Appennino Camerte al quale dissi il mio pensiero, che era già ben chiaro: prima dimostriamo la vera collocazione temporale di un numero notevole di edifici monastici, poi leghiamo la loro presenza a chi ebbe le risorse economiche e il potere per consentirne l’edificazione e l’esercizio. Per sviluppare un progetto così complesso che richiede analisi tecniche rilievi ecc. servono fondi per cui bussai a tutte le porte del potere politico, accademico e imprenditoriale, per ottenere un supporto economico per le spese, proponendo uno spin-off e lasciando a tutti copie delle mie ipotesi di lavoro”.

Ha ottenuto qualcosa?

“Ebbene, diciamo che a metà luglio di quest’anno c’è stata una svolta: Unicam ha indetto un “Workshop” dal titolo I Carolingi nel Piceno. Dove la parola Carolingi è totalmente esplicativa delle finalità, visto che circa 25 anni fa don Carnevale ha presentato la sua ipotesi che tutti noi conosciamo e ancora la sostiene pur con qualche esito a mio avviso discutibile.

Perché discutibile?

“Discutibile soprattutto perché tutta la lettura storica di Don Giovanni Carnevale inizia nell’VIII secolo e nessuno dei suoi coautori o di chi largamente vi attinge citando le sue ricerche, si spinge al tardo antico con ipotesi concrete e motivate. Anche chi parlò di architetture al Workshop ha scritto e detto solo di edifici temporalmente collocati dopo la riforma cluniacense datati in base al primo documento che ne fa menzione, ma a questa data l’impero carolingio non è più, si è già spezzettato e declina nei regni territoriali transalpini”.

Ci faccia capire: i relatori al workshop del luglio scorso non hanno parlato di Tardo antico?

“Già, è come se fossero stati folgorati sulla via di Damasco, per cui oggi, a quattro mesi di distanza, è stata una grande sorpresa e anche soddisfazione leggere il nuovo titolo sul quale si articola il progetto finanziato dalla Pubblica Amministrazione: Il patrimonio culturale delle Marche centro-meridionali dal Tardo antico all’ Alto Medioevo, Studi e ricerche interdisciplinari attraverso l’analisi del paesaggio, dell’architettura e delle fonti storiche. Finalmente si comincia come e da quando ho sempre sostenuto si debba cominciare. Cosa mi coglie di sorpresa è la fulminea conversione del tema che da I Carolingi passa a quello della cultura del tardo antico. È un mio personalissimo pensiero che ci sia una specie di contraddizione se un Ateneo pubblico che si fregia dei simboli del potere imperiale, cui compete la responsabilità della ricerca scientifica su un palcoscenico internazionale, abbia annunciato un titolo tematico così impegnativo e inequivocabile come “I Carolingi nel Piceno” e subito dopo lo abbandoni per rifugiarsi senza alcuna motivazione in una, a prima vista meno impegnativa e generica, rivisitazione del patrimonio culturale di una parte e non di tutto il territorio regionale, ristretta al periodo che, semplificando, si può considerare da Valentiniano a Pipino il Breve”.

Lei quindi è stato l’unico a ipotizzare sul Tardo Antico?

“Il tardo antico e il primissimo medioevo è un tempo nel quale nessuno finora, né storici ufficiali né Don Carnevale, tranne me, ha mai scritto o detto, offrendo ipotesi documentate e non semplici opinioni, che da queste parti ci fossero i progenitori dei Carolingi o anche solo manufatti architettonici di quell’epoca oggi ancora in piedi, tangibili e ammirabili”.

Non le sembra che in questa vicenda ci siano contraddizioni e una palese assenza?

“In primis porgo i miei auguri ai docenti della scuola di Architettura, cui riconosco la coerenza del percorso formativo col tema della ricerca, che dovranno trattare un periodo che non ha supporto di fonti scritte e per di più dovranno confutare più di un secolo di storiografia e archeologia ricco di molte centinaia di saggi e pubblicazioni, compresi i loro stessi lavori anche recenti. Ammetto di non capire appieno i contenuti dell’espressione “fonti storiche” che ingloba tutti e ogni aspetto del passato, paesaggio e architettura compresi perché tutti sono “fonti” di storia. Per contro se nelle fonti storiche sono comprese arte, lingua e letteratura oltreché le fonti documentarie, mi stupisce l’assenza a fianco di Unicam del Dipartimento di Studi Umanistici di Unimc che dovrebbe essere per l’appunto il più titolato in Regione per questi argomenti, anche considerando che questa comunicazione si effettua nel suo giardino di casa”.

Ricordo, per aver ascoltato alcune sue conferenze, che lei ultimamente era andato ancora più indietro nel tempo. E’ vero?

“Diciamo pure che il salto all’indietro del nuovo tema di ricerca di almeno quattro secoli maturato negli ultimi mesi in Unicam, non è per nulla trascurabile perciò mi viene da pensare che procedendo di questo passo, magari verso Pasqua, si lancerà un progetto sulle etnie Celto Etrusco Picene autoctone di questa terra, quelle che combatterono per Valentiniano ed ebbero il riconoscimento della “Franchigia” – “Francos appellavit, id est liberos & ab omni tributos immunes…” (traduciamo: Li chiamò Franchi in quanto liberi ed esenti da ogni tassa) come scrisse Ademaro da Castel Potenza, cronista dell’anno mille. E chi vuol capire capisca…”.

Ora, a giudicare dalla locandina, non si punta più su San Claudio…

“Una piccolissima ulteriore mia soddisfazione è vedere la foto della chiesa di Santa Maria a piè di Chienti che campeggia in primo piano sulla locandina (non penso per una scelta casuale). Da quanto ho potuto leggere soprattutto di autorevoli autori, (Carnevale e coautori compresi) nessuno prima di me, eccettuati gli scrittori locali del XVI e XVII secolo (Bacci, Lilii ecc.) o il Garulli a metà ottocento, pare abbia mai scritto e motivato in tempi recenti che l’Annunziata possa essere un monumento paleo cristiano trasformato da Carlo Magno in Basilica pubblica, quella costruita a sue spese e nella quale Eginardo scrisse che onestamente pensammo di tumularlo in quel sito non avendo egli lasciato disposizioni in merito, è quella stessa Basilicam quam Capellam Vocant che nell’anno 829 venne scossa dal terremoto e scoperchiata dal vento, per poi essere fortemente compromessa dal grande sisma del 1117 e subito ricostruita in autarchia”.

Va detto che quanto affermato dall’architetto Medardo Arduino è tutto documentato da anni sia su La rucola che nelle sue pubblicazioni e in documenti ufficialmente protocollati in tempi di molto antecedenti per cui, concludendo, architetto che ci dice?

“Amen!”

 

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