I paesaggi di Corrado Pellini

Print Friendly, PDF & Email

Storia di un incontro

 pellini

Il mio primo incontro con Corrado Pellini, non è stato con lui, naturalmente – siamo vissuti in epoche diverse, egli aveva l’età di mia madre prima che io nascessi – ma con una sua opera, il trittico conservato sin dagli anni ‘30 nella Pinacoteca di Macerata. Si tratta di una veduta panoramica del colle che affianca il borgo di Montelupone dalla parte di Macerata. Una veduta amena in cui compaiono pochi casolari, sparsi qua e là, in una campagna la cui bellezza resta esaltata dalle geometrie delle colture, prati e campi arati, alcuni pagliai, pochi alberi. Rimasi incantato dalla semplicità armoniosa delle linee e dalla gradevolezza cromatica di quel dipinto. Una campagna trasfigurata da una Pellini-Tritticocapacità di sintesi assolutamente rara e originale. Mi informai sull’autore e venni a sapere per la prima volta di un pittore monteluponese, morto giovanissimo, appena ventiseienne, figlio di una camiciaia e di un brigadiere di Finanza, che aveva studiato alla Scuola d’Arte di Macerata e poi all’Accademia di Roma. Quel quadro era stato acquisito dal Comune di Macerata forse come premio acquisto, nel ‘32, due anni prima che l’autore morisse. Ci avevano visto bene! Poi naturalmente la conoscenza si approfondì, ebbi occasione di vedere molte opere di Pellini ordinando assieme con Goffredo Giachini una sua mostra retrospettiva nel paese di origine (2004). Servì, quella mostra, a individuare e censire una quantità di opere conservate gelosamente in case private, da cui probabilmente non usciranno più. Altri paesaggi dell’entroterra e marine, nature morte, visi e corpi di donna, autoritratti. Ma già da quell’incontro ebbi l’impressone di trovarmi di fronte all’opera di un autentico talento. Ma se “talento” è un sostantivo che può essere adeguato a un pittore, è assolutamente insufficiente a qualificare un poeta. La poesia presuppone qualcosa di più profondo e trascendente, di un’artigianalità e un gusto che normalmente si richiedono a un’opera pittorica. Esser poeta vuol dire penetrare l’anima delle cose, gioirne e soffrirne, renderne partecipi altri, durevolmente. Nulla vieta, naturalmente che un pittore possa essere contemporaneamente poeta. Mi resi conto che Pellini con la sua pittura questo era stato: un pittore-poeta, nella maniera più convincente e, considerata la sua Pellini-particolaregiovane età, anche più sorprendente. Il paesaggio bello è più difficile da dipingere. Mi viene in mente Arnoldo Ciarrocchi, altro grande artista della nostra terra, che cercava paesaggi brutti per farne bella pittura, dicendosi incapace di scoprire la bellezza già palesemente bella. Pellini è l’eccezione che conferma la regola: è riuscito con la sua pittura ad accrescere la bellezza esistente, per una innata capacità di sintesi e un’eleganza descrittiva assolutamente rare. È stato un cantore ineguagliato della bellezza del nostro paesaggio. La sua consonanza con esso e con le cose si rivela empatica e per certi versi struggente. Come è strano che gli artisti e i poeti destinati a una vita breve, recuperino il tempo esprimendo una sensibilità e un patema che altri non dimostrano! Se Pellini fosse vissuto più a lungo, la sua esperienza artistica e le sue qualità lo avrebbero portato a una fama ben più grande ed estesa di quel che è stato; forse si sarebbe imposto nell’ambito dell’avanguardia artistica in un periodo di poco successivo. Indicativo a tal proposito il fatto che uno dei dipinti ritrovati in occasione della mostra, appartenesse alla famiglia di Ivo Pannaggi, avanguardista d’eccellenza. Ipotesi, ma per noi suoi conterranei egli è stato un grande così; e per quanto riguarda la pittura di paesaggio, del nostro paesaggio, un maestro in senso assoluto. È entrato nel nostro immaginario così stabilmente che, tutte le volte che capiti di giungere a Montelupone in auto venendo da Macerata, purché si guardi intorno, non si vedranno che paesaggi di Corrado Pellini! Montelupone, che ha sempre grande attenzione per i suoi artisti, in occasione dell’ottantesimo della morte dell’artista (1934), ha voluto commemorarlo dedicandogli una stele marmorea (bella opera di Valentino Giampaoli) ricomponendo la tomba di famiglia nel locale cimitero. Gli artisti che sono vissuti in quella zona, da Galantara a Cesare Peruzzi, da Pellini a Elia Bonci, si sono tutti distinti per una originalità. A considerarli oggi, si scopre una sintonia tra loro: ognuno per il suo, compone un mosaico di eccezionale singolarità. L’Amministrazione Comunale di Montelupone ha il merito di onorarne in ogni occasione la memoria: esempio da ammirare e seguire.

Lucio Del Gobbo

 

A 10 persone piace questo articolo.

Commenti

commenti