La storia di Macerata a piccole dosi, XXXIII puntata

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Liberamente tratta da “Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi,Cecchi,Paci

 

Inizia l’Ottocento

 

1801: situazione promiscua

Nel 1801 i maceratesi erano, politicamente, in uno stato confusionale. Infatti il governo era dei pontifici ma i napoleonici pressavano da tutte le parti. Con un accordo si stabilì di attrezzare a Macerata l’ospedale francese e per i militari “vaganti” dell’esercito transalpino il generale Dufour emanò un apposito decreto che, comunque, non bastò a evitare incidenti. Addirittura il delegato apostolico intervenne contro i soldati papalini che, con il pretesto di fornire carriaggi ai francesi, vessavano i contadini causandone la reazione, anche violenta.

 

Non bastando i francesi ecco pure i barbareschi

La stampa non era libera di esprimersi, tanto che il libro “La gioventù ecclesiastica maceratese”, edito in città dal Capitani, fu ritirato. Mentre le truppe francesi continuavano a passare sul territorio apportando gravi danni all’economia, lungo la costa facevano scorrerie i pirati barbareschi. La confusione aumentò ancor più quando il generale Lemarois, da Ancona, fece arrestare il Governatore della Marca monsignor Agostino Rivarola, e con lui i priori maceratesi Prospero Prosperi e Giovanni Gregoretti, rei di essere “disobbedienti”. I francesi stabilirono un presidio in città, le truppe continuavano a transitare, la regione subì una richiesta di 3.000 scudi e nel febbraio 1808 i napoleonici sequestrarono alla cassa dell’amministrazione camerale e a quella del macinato ben 13.300 scudi! Lo stato pontifico era, nella pratica, inesistente e si giunse perfino a vedere 300 soldati papalini sfilare indossando la coccarda del… regno italico.

 

Macerata nel Regno d’Italia

Napoleone, con il pretesto della mancata guerra agli Inglesi da parte del Papa, il 2 aprile 1808 decretò: “Le province di Urbino, Ancona, Macerata e Camerino sono irrevocabilmente e in perpetuo riunite al nostro Regno d’Italia. Il possesso dei predetti paesi verrà preso il giorno 11 maggio prossimo”. Infatti il 10 maggio giunsero in città personaggi da Verona, Milano e Venezia per organizzare la nuova amministrazione e per prendere possesso delle cariche strategiche. Si dispose la pubblicazione di un giornale governativo, “Il Redattore del Musone”, fu data esecuzione al Codice Napoleone, si arruolarono gendarmi e guardie nobili, si attivò lo Stato Civile, si riorganizzarono servizio postale (la numerazione civica fu introdotta nel 1809), sanità pubblica (fu introdotto il vaccino antivaioloso) e scuola.

 

Arriva il viceré Beauharnais

Il viceré Beauharnais, in sede amministrativa, nominò i 40 membri del Consiglio comunale dei quali più dei due terzi erano nobili, poi il 28 luglio transitò per Macerata portando il suo contributo alla riorganizzazione della città. Fu indetta una leva obbligatoria poco gradita ai maceratesi e i coscritti, anziché presentarsi, preferirono fuggire. Ricominciarono i tentativi d’insorgenza perché il popolo, sempre e comunque vessato, non era così favorevole ai francesi e a peggiorare la situazione arrivarono i decreti del Beauharnais contro gli ordini religiosi che prevedeva la soppressione di monasteri (effettuata il 14 luglio 1810) e dei conventi (chiusi il 4 giugno 1810).

 

Arrestato il vescovo Vincenzo Maria Strambi

Un fatto eclatante avvenne il 28 settembre 1808 quando “fu trasportato in Milano il nostro Vescovo Monsignor Vincenzo Maria Strambi accompagnato da un sergente francese ed il suo compagno Fratel Camillo; e li portarono a Novara per non aver voluto giurare alla costituzione francese, per essi contraria alla legge divina”. I francesi continuarono a sopprimere quanto riguardava la chiesa arrivando a mettere all’asta i beni della mensa vescovile. Poi, per seminare terrore nella popolazione del territorio maceratese, che mal sopportava il regime instaurato, iniziarono le esecuzioni capitali mediante fucilazione.

 

Ricominciano le sommosse

Più si attuava la repressione e più crescevano i moti di ribellione. Si formarono bande un po’ ovunque alimentate dai coscritti. Nel 1810 in provincia ci furono 2806 renitenti alla leva militare e ben 304 di questi erano della città di Macerata. Nemmeno le amnistie riuscirono a farli recedere dal loro proposito, tanto che lo stesso imperatore pose una taglia su disertori e “refrattari”. Una cospirazione avvenne a Loreto (8 persone fucilate), un moto ci fu a Cingoli (3 esecuzioni capitali), per attacchi e relativa strage di truppa italiana, reale gendarmeria e guardie nazionali di Ascoli e Fermo si ebbero altre 3 condanne a morte. Fu incendiata la ricevitoria di finanza di Quintodecimo, fu assalita Civitella del Tronto, poi toccò ad Amandola e a Montefortino (20 persone condannate). Per porre rimedio alla situazione Napoleone emanò un decreto contro il brigantaggio che non frenò l’insorgenza. Ad Aliforni venne data alle fiamme la ricevitoria e fu assalito il borgo di Filottrano.

 

I 40 Consiglieri comunali

nominati dal Beauharnais

 

Francesco Amici, Leopoldo Armaroli, Livio Aurispa, Alessandro Buonaccorsi, Giovanni Benedetto Boccanera, Saverio Bianchini, Luigi Buratti, Luigi Capanna, Giuseppe Foglietti, Valerio Ciccolini, Domenico Illuminati, Teodoro Compagnoni, Ignazio Compagnoni, Palmuccio Palmucci, Giacomo Costa, Antonio Romani, Ascanio De Vico, Giuseppe Ercolani, Leonardo Filippucci, Luigi Gatti, Pacifico Carradori, Virgilio Lauri, Gregorio Ugolini, Eugenio Liberati, Angelo Mareotti, Desiderio Pallotta, Paolo Spadoni, Telesforo Narducci, Domenico Torri, Nicola Piccinini-Giannelli, Prospero Prosperi, Francesco Accorretti, Nicola Ranaldi, Michele Santarelli, Francesco Ricci, Giovanni Viscardi, Alessandro Marefoschi, Francesco Graziani, Giulio Pellicani e Giambattista Mornatti.

continua

 

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