Dietro il restauro

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di Eno Santecchia

il-restauratore

 

Insieme all’arch. Adriana Malpiedi andiamo a curiosare nei retroscena del restauro. Ogni lavoro è completamente diverso dal precedente e ognuno presenta caratteristiche proprie e difficoltà specifiche che vanno risolte di volta in volta. I supporti, l’epoca e le tecniche possono essere assai diversi tra loro, si può operare su tele dipinte, statue di pietra, magari corrose dallo smog, mobili antichi, superfici murarie, stucchi, arazzi, ecc. A esempio un sistema di pulitura di una tela o di un affresco potrebbe non funzionare per un’altra opera, allo stesso modo un ritocco pittorico potrebbe essere adeguato per una superficie e non per un’altra. La difficoltà è quella di trovare la soluzione ideale di volta in volta e ciò comporta impegno, concentrazione, perizia e conoscenza dei materiali e della storia stessa dell’opera. Anche le condizioni al contorno (umidità, accessibilità, qualità della pittura, resistenza dei materiali) per un corretto intervento devono essere attentamente valutate. Dopo la fase d’indagine preliminare per valutare tutte le circostanze, si procede alla fase della pulitura, la più importante per riportare l’opera alla sua luce naturale. Spesso questa fase è condizione necessaria e sufficiente, altre volte è indispensabile il consolidamento dell’opera, quando le condizioni del supporto sono precarie. Se il supporto deve esser messo in sicurezza si procede al consolidamento. L’ultima fase che potrebbe anche non esserci è il ritocco pittorico, che serve a dare continuità al colore, restituendo una buona lettura dell’opera, il ritocco deve essere visibile, per far distinguere all’osservatore le parti originali da quelle posticce. Essendo una tecnica impegnativa il ritocco pittorico richiede molta perizia. Il restauro avviene in condizioni non facili, quasi sempre si lavora all’interno di cantieri edili, in condizioni disagiate: manca l’acqua, si opera al freddo perché mancano gli infissi, polvere è umidità non aiutano il restauratore né l’opera. Umidità, freddo e polvere interferiscono anche con la preparazione dei prodotti e le lavorazioni stesse. Le impalcature, sulle cui tavole vive il restauratore – dice Adriana – sono quasi sempre necessarie; per cui la postura è sempre scomoda e causa malattie professionali. Altra problematica della quale poco se ne parla è quella del soddisfare il committente che può proporre soluzioni non adottabili, senza stravolgere l’integrità dell’opera. A esempio volendo riproporre parti non più visibili, quando l’etica del restauro impone di non intervenire in maniera arbitraria. Se l’opera è pubblica e tutelata dalla Soprintendenza, in nessun caso si interviene con rifacimenti arbitrari. In architettura uno dei metodi d’intervento nel caso di lacune o mancanze di elementi architettonici consiste nell’inserimento di copie dell’elemento mancante (anastilosi), a esempio una colonna, che però deve essere riconoscibile attraverso l’utilizzo di materiali diversi o nuovi. Mentre il decoratore spesso opera anche nell’ambito del restauro, un restauratore raramente si cimenta nel suo lavoro con decori nuovi. Il restauro è una scienza in continua evoluzione, in relazione allo sviluppo della chimica applicata dei materiali. La meraviglia di questa professione è: Con le sue mani il restauratore riporta alla vita le opere e le mette a disposizione di tutti, consentendo a esse di testimoniare ancora nel tempo il nostro passato, in cui tutti siamo immersi.

 

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