La storia di Macerata a piccole dosi, XIX puntata

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Liberamente tratta da

“Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

Contesa tra Ancona e Macerata per il potere sulla Marca

 

Clemente VII firma pro Ancona

Verso la fine del 1532 il potere politico nella Marca, con il trasferimento della Curia voluto dall’Accolti si era spostato ad Ancona. Inutili furono i doni che i maceratesi inviarono al Legato papale e le preghiere avanzate al Papa stesso quando, nel marzo 1533, passò per Macerata, perché Clemente VII pochi giorni prima aveva firmato un documento con cui avallava il trasferimento della Curia provinciale ad Ancona “quae caput huius provinciae semper fuit”.

 

Macerata si rivolta

A peggiorare la situazione Macerata subì il passaggio di truppe spagnole per cui si provvide a ulteriori fortificazioni, si stipendiò il Capitano Massio Cima da Cingoli e la sua truppa, si fuse la troppo antiquata bombarda detta “la scrofa” per ricavarne due moschetti. Non bastando queste difficoltà, l’Accolti volle imporre come Podestà un suo amico: i maceratesi si opposero e il Cardinale comandò al Maresciallo della Marca di imprigionare i magistrati e di condurli in Ancona. Fu rivolta da parte dei giovani nobili che volevano gettare dalle finestre del palazzo dei Priori il Maresciallo e i suoi armigeri.

 

Magistrati maceratesi prigionieri in Ancona

I più anziani, per evitare alla città danni maggiori, dissuasero i giovani nobili dai loro violenti propositi e i magistrati furono portati in Ancona dove stettero incarcerati per una notte e prigionieri di quella città per tutti i mesi di maggio e di giugno. Questi i loro nomi: Pietro di Marcozzo Buratto (Compagnoni), Girolamo di Marzia (Ulissi); Giacomo di Manente (Costa).

 

Contentati e… cojonati

Appena liberi i magistrati maceratesi scrissero un memoriale che inviarono a Roma per ottenere giustizia, tornarono a pregare il Legato per far ritornare la Curia a Macerata ed esposero le proprie richieste, il 24 aprile del 1534, anche al vecchio Legato Alessandro Farnese che, evidentemente, fece pressioni sul Cardinal Accolti perché questi, il 6 giugno, arrivò in città per ascoltarne le ragioni. Il 23 giugno ordinò il ritorno della Curia a Macerata ma tale comando non fu mai eseguito, infatti il 4 luglio l’Accolti continuava a legiferare da Ancona: i maceratesi erano stati accontentati nella forma ma non nella sostanza!

 

La vicenda si complica

Dopo questo impasse la storia, se possibile, s’ingarbugliò ancor più. Infatti Papa Clemente VII, il 5 settembre 1534, appena 20 giorni prima di morire, nominò Legato della Marca il nipote Cardinale Ippolito de’ Medici. Fece tale manovra per impedire al nipote di impegolarsi in una vicenda per cacciare da Firenze Alessandro dei Medici. In virtù di questa nomina l’Accolti, le cui malefatte in Ancona erano infinite, perse la legazione ma si oppose, rifiutò di ritirarsi e si preparò a lottare contro il Papa, tant’è che a Macerata, per timore di una guerra, venne fuso qualche pezzo di artiglieria. All’Accolti mancò l’avversario perché Clemente VII passò a miglior vita. E la questione maceratese restò insoluta.

 

La vicenda si risolve

A Clemente VII succedette il Cardinale Alessandro Farnese che prese il nome di Papa Paolo III. Per punire le infamie dell’Accolti, e per risolvere la questione della legazione, nominò Governatore della Marca Paolo Capizucchi, Vescovo di Nicastro. Ma la Curia continuò a rimanere in Ancona, nonostante un memoriale inviato al Papa da Macerata il 27 ottobre 1534. Risolse l’ormai annosa vicenda il Papa stesso che, con breve del 6 dicembre, nominò nuovo Governatore Gregorio Magalotti, Vescovo di Chiusi, già Governatore di Roma, che ebbe giurisdizione su tutto il Piceno, escludendo Ancona che, da allora, ebbe un governo proprio. In questo modo le questioni fra Macerata e Ancona trovarono soluzione e ognuna delle due città riprese a operare nella propria sfera d’influenza come nel passato.

 

Ancora il pericolo turco

Nel frattempo intorno c’era una situazione precaria: Camerino era caduta sotto Guidobaldo della Rovere, Fermo si agitava non poco e Macerata, temendo una guerra, era impegnata a rinforzare le difese. Con la caduta della fortezza di Clissa, presso Spalato, ci fu minaccia d’invasione da parte dei Turchi. La Marca, anche per dover sostenere le spese di stazionamento degli eserciti, versava in condizioni economiche disastrose. Quando arrivò da parte del Papa l’ennesima richiesta di rematori per la flotta, a Macerata nessuno si presentò e il malumore tra i cittadini cominciò a crescere.

continua

 

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