Una vita condotta tra fede e duelli

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Dall’inedito “Caravaggio e le ombre

dell’anima” di Matteo Ricucci

 

caravaggio-seppellimento-s-lucia_Lo spartiacque che separava drasticamente queste due opposte mentalità non era solo di natura culturale, ma anche e squisitamente sociale: gli Accademici erano figli del privilegio, i Naturalisti figli della miseria, gli uni navigatori del mito e della tradizione, gli altri naufraghi nel mare della violenza quotidiana. Indubbiamente il Caravaggio era consapevole del suo nuotare controcorrente e certamente, dato il suo carattere irascibile, disposto preventivamente sia a difendere le sue idee, sia a parare le stoccate dei nemici. La passione che gli bruciava in petto non gli concedeva la fredda riflessione sulle terribili conseguenze a cui sarebbe andato incontro se avesse infranto quelle leggi. Un po’ fidava anche nella protezione del Cardinal del Monte, e di tanti altri importanti e ricchissimi personaggi, quali i Giustiniani, i Colonna, i Costa, i Mattei, i Cerase, i Barberini, gli Aldobrandini, i Patrizi, i Massimi, i Petrignani e tanti altri, tutti potentissimi magnati della Roma barocca. Egli, purtroppo, non aveva ancora fatto l’esperienza che anche dei protettori potenti era meglio non fidarsi. Merisi s’era calato nel tessuto magmatico dei bassifondi della periferia romana, vivendo quotidianamente fatti e misfatti da fare arrossire uno scaricatore di porto. Pur guadagnando moltissimo dalle sue tele, egli indossava un vestito nuovo e costoso ma non lo smetteva più fino a ridurlo a uno straccio, indegno anche del più vile barbone. Era di pubblico dominio che amasse desinare sul verso d’una tela dipinta. E’notorio anche che più alto è il genio, più forte la tentazione degli invidiosi di sporcarlo con dicerie da bassifondi. Ho già accennato alle conseguenze della Riforma luterana e a quelle della Controriforma romana, rimarcando che per le coscienze dei fedeli erano tempi di grossi rischi a professare o soltanto accennare qualche convinzione religiosa venata di eterodossia. Nel 1600, in Campo dei Fiori, Giordano Bruno fu arso vivo con la mordacchia sulla lingua per impedirgli di dire le sue ultime verità, per punire la sua tracotanza di libero pensatore e si suppone che il Merisi fosse presente. Si dice che il Papa, Clemente VIII Aldobrandini, fosse costretto a usare la maniera forte nella gestione del suo travagliato stato teocratico per fini propagandistici di dissuasione e, per tutto ciò, bruciò più di venti presunti eretici, decapitò e squartò quasi tutta la potente e ricchissima famiglia Cenci, tra cui anche la più giovane, la più bella e la più affascinante fanciulla della Roma capitolina di quei tempi: Beatrice, stuprata da un padre, violento e infame. Un tale energumeno fu assassinato, a sua volta, durante una congiura di famiglia a cui la fanciulla sembrava essere stata estranea. Per i pittori dell’epoca, poi, era ancora più rischioso, perché, ciò che essi rappresentavano sulle loro tele, era minutamente sotto la lente d’ingrandimento della Santa Inquisizione. A questo proposito qual era il sentimento religioso del Merisi? Certo, risalta nitidamente agli occhi la dicotomia tra ciò che egli dipingeva in fatto di fede e il proprio comportamento nella quotidianità: come abbiamo già accennato le risse, le baruffe, i duelli erano all’ordine del giorno, anche se spesso egli era provocato volutamente da accademici facinorosi che non sopportavano il suo genio o da viandanti che non si scansavano al suo passaggio. A causa dell’intenso stress psicologico della progettazione e della esecuzione dei suoi parti artistici, il Caravaggio cercava di ritemprarsi, praticando abitualmente sesso sfrenato e senza regole morali. Che frequentasse le sante funzioni religiose o dicesse le preghiere prima di addormentarsi non è dato sapere, ma ciò che rappresentava sulle sue tele era testimonianza di fede ortodossa, sincera e profonda: “la Vocazione di San Matteo”, “San Matteo e l’Angelo”, “il Martirio di San Matteo”, “la Crocifissione di Pietro”, “la Conversione di Saulo”, “la Morte della Madonna”, “la Deposizione”, “la Crocifissione di San Pietro”, “il seppellimento di Santa Lucia” e tante altre non diedero mai, alla “longa manus” dell’Inquisizione, occasione di incriminarlo. Certamente un tale suo atteggiamento era venato dalle idee di un Giordano Bruno, di un Tommaso Campanella, di un Telesio, di un Galileo Galilei. Comunque rimaneva pur sempre da spiegare la sua violenza, il suo andare controcorrente, il suo calarsi volutamente nelle torbide acque di una vita incivile.

continua

 

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