La storia di Macerata a piccole dosi, terza puntata

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Liberamente tratta da“Storia di Macerata”,

origini e vicende politiche

di Adversi, Cecchi, Paci

 

Terra de Maceriatinis

Tra gli anni 900 e 1100 cominciano a prendere consistenza sulle colline, dove oggi si è sviluppata Macerata, alcuni piccoli centri abitati che le antiche carte catastali, scritte 100 anni dopo, definiscono come “terre”, “castra”, “podia”, “montes”. Sono comunità che sorgono intorno agli antichi “pagi”. Il primo centro di cui si ha notizia è la “terra de Maceriatinis” menzionata, nel diploma che Ottone I concesse agli abati farfensi nell’anno 967, insieme alla “curtem de Rotelle et universis appendiciis earum”. Denominazioni che vengono ripetute in un documento, questa volta di Ottone III, nel 998. Il Lancellotti fu il primo ad ipotizzare che detta “terra” si trovasse “nei dintorni di Macerata”, ipotesi confermata in pieno dal catasto maceratese del 1268, compilato dopo oltre un secolo dalla costruzione del “castrum Maceratae”, ove si può leggere che “Collis maceratini” si trovava in prima senata, cioè nelle immediate vicinanze del “castrum”, il nuovo abitato. Lo stesso toponimo, collocato in identica posizione, è ripetuto in documenti catastali del 1481, anche con la variante di “colle maceratisco”. Pure da carteggi degli abati farfensi risalenti agli anni 817, 840, 857 e 967 si ha notizia di un “fundus macerule”. La definizione di “collis” presupponeva che questo fosse un luogo posto più in alto rispetto al “castrum” (dove oggi è il Palazzo degli Studi) e l’unico posto più elevato poteva essere solo il colle dove sorge la chiesa di Santa Croce (ecco i luoghi degli antichi “pagi” romani). In seconda senata, quindi un po’ più lontano, c’era la “contrata fontis Macerate” (odierna contrada “due fonti”) che alla fine del 1800 veniva ancora chiamata “fonti di Macerata” e le fonti che danno il nome alla località sono alimentate da una falda che proviene da Santa Croce. Citiamo per finire che il primitivo andamento della strada che sale da Tolentino, fino al secolo scorso, dopo una discesa verso “fonte Scodella” non seguiva, come oggi, le curve di livello ma le tagliava e dopo una brusca svolta a sinistra saliva fino a Santa Croce, evidentemente per raggiungere una località allora abitata. Inizia a prendere corpo l’embrione di Macerata.

 

Ottifredo

La “Terra de maceriatinis” fu perduta dall’abbazia farfense intorno al X secolo, quando la dilapidazione dei possedimenti benedettini giunse al colmo. Ebbe proprietà su questa zona un tal Ottifredo, noto alla fine del IX secolo e forse dallo stesso Ottifredo la famiglia, da cui discesero i nostri Compagnoni, ricevette anche le proprietà sui vicini castelli di Posulano (tra Madonna del Monte e S.Giacomo), Ilice (presso S.Maria delle Vergini), S.Andrea, Torre, Cesereto, Lotere (di questi due castelli resta la memoria nella denominazione del fosso Lotenere e della strada di Cesereto, a est della città), sulle Terre di Popetiano o Popiano (luogo prossimo alla odierna chiesa di S.Giacomo al Trodica che, nel 1618 era ancora detto “Contrada Poppiani, Trutice seu Sancti Jacobi”), sui castelli di Ripacrepta e Ceresiola.

 

Che significa “Macerata”?

Tanto si è scritto e si sono azzardate le ipotesi più fantasiose. Certo è che si tratta di una evidente corruzione e contrazione dell’antico toponimo: “terra de Maceriatinis”. Pompeo Compagnoni assegnava origini e nome della città ad un tal Maccio Macro, ovvero ad un leggendario Macareo. Per altri il nome derivava dalle macerie usate per le prime costruzioni o ancora dal termine “macera” che indicava un muretto a secco usato dai pastori per delimitare le terre. Domenico Spadoni pensava a maceratoi per la canapa probabilmente esistenti in questi luoghi mentre il Giuliozzi derivava il nome dalla esistenza sul posto di pietre e mattoni, provenienti dai diruti edifici del vecchio centro romano, con cui si sarebbero costruite rudimentali fortificazioni. Il Ducange, nel suo glossario, alla voce “maceria” scrive di lunghi muretti e ne dà conferma anche il Forcellini il quale traduce la voce “maceriatus” con circondato da macerie. Quindi i maceratesi sarebbero… “coloro che sono cinti da muretti”.

 

Gagiburga: primo sindaco?

Nel 1055 Gagiburga, discendente della famiglia degli Ottifredi, cedeva ai fratelli la sua parte di diritti sul castello “in fundo Macerata” con la chiesa dedicata ai Santissimi Gregorio e Sebastiano e questi beni avevano i seguenti confini: a primo latere fine a fluvio Potentino, a secundo latere fine isa via que venit a Castellum et venit in Campo de meso (Campo di mese, contrada ancora oggi così denominata nei pressi del confine con Pollenza) et vadit rigu inferius Siano e Gabiano (verso il Boschetto Ricci) et pergit in Clenti; a tertio latere fine que venit de Potenza a Sancta Lucia et venit a Sancta Maria et pergit in Trutica et venit rigu de Menaria et pergit in fluvio Clenti; a quarto latere fluvio Clenti. A ben guardare è perfettamente delineato, fin dal 1055, tutto il territorio che sarà il “comune” di Macerata: potenza dei documenti!

continua

 

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